La Stampa 22.1.16
Verdini divide nuovamente le due litigiose anime del Pd
di Marcello Sorgi
Aperta
e chiusa all’indomani dell’approvazione della riforma del Senato in cui
i voti del gruppo di Verdini sono stati determinanti per raggiungere la
maggioranza qualificata dell’aula, la partita del rinnovo delle
presidenze di commissione a Palazzo Madama, che ha visto assegnare agli
ex-berlusconiani tre vicepresidenze, è diventata l’occasione per una
nuova spaccatura tra Renzi e la minoranza bersaniana. È o non è nata una
nuova maggioranza di governo tripartita?, ha chiesto l’ex-capogruppo
alla Camera Speranza al premier, che ha replicato dicendo che non è così
e spiegando che le riforme istituzionali sono il terreno naturale per
accordi che vadano al di là delle formule di governo.
Non era la
prima volta che Verdini, autore non pentito del «patto del Nazareno» che
all’inizio del processo riformatore aveva portato Berlusconi
all’accordo con Renzi, correva in soccorso del premier.
L’ex-coordinatore di Forza Italia era talmente convinto di quel
l’accordo che per proseguirlo ha rotto con l’ex-Cavaliere e ha formato
il suo gruppo, reclutando transfughi nel centrodestra e dicendo
apertamente che avrebbe assicurato il sostegno al governo a qualsiasi
costo, pur di neutralizzare l’opposizione interna della minoranza Pd ed
evitare una crisi che potrebbe portare allo scioglimento delle Camere.
Così in occasione della votazione di mercoledì, l’apporto dei verdiniani
ha assicurato l’approvazione della riforma, compensando le assenze dei
senatori del Pd che avrebbero potuto comprometterla. La successiva
elezione a vicepresidenti di commissione di Eva Longo, già cosentiniana,
Vincenzo Compagnone e Pietro Langella ha fatto capire che il soccorso
non era avvenuto in cambio di nulla, e la cambiale, per così dire, è
stata presentata il giorno dopo, sollevando le ire di Speranza e di
Bersani. I quali sanno benissimo che Verdini, in realtà, non è entrato
in maggioranza, ma temono che l’intesa con Renzi si consolidi e punti a
un accordo più organico alla fine della legislatura, quando l’entrata in
vigore dell’Italicum renderà più difficile ai piccoli gruppi l’ingresso
in Parlamento.
Una previsione piuttosto realistica, se non per il
temuto ingresso di Verdini nel Pd, per la conferma che Renzi ha
stabilmente a disposizione un secondo forno in cui cuocere il suo
programma. D’altra parte la maggioranza stretta di Renzi e dei suoi
alleati di governo vacilla continuamente: anche ieri alla Camera la
legge sugli omicidi stradali ha subito una battuta d’arresto, a causa
dell’approvazione a sorpresa e a voto segreto di un emendamento di Forza
Italia che non sarebbe passato senza l’aiuto nascosto di una parte dei
deputati del Pd.