venerdì 22 gennaio 2016

La Stampa 22.1.16
Scoppia il caso Verdini: “Ormai è nel governo”
Il leader ex berlusconiano incassa tre vicepresidenze nelle commissioni
Pd agitato e Forza Italia attacca: “Maggioranza nuova, Renzi venga in aula”
di Amedeo La Mattina

La maggioranza sai è come il vento... e rischia di finire in Migliavacca quando Gotor si sveglia e s’inc...”. Cantava così qualche mese fa, Denis Verdini, in un’intervista televisiva. Chiariva che senza di lui (e con la sinistra Dem in versione anti-Renzi al Senato) il governo salterebbe in aria. E in effetti in diverse occasioni la pattuglia di Ala a Palazzo Madama ha consentito al governo di galleggiare e l’altro ieri ha votato come un sol uomo la riforma costituzionale ormai quasi al traguardo. Allora Verdini, che i conti in tasca sa farseli, è passato all’incasso, mettendo un piedone nella maggioranza di centrosinistra. Anzi, tre piedoni. Con i voti del Pd e di Ncd, ieri i senatori Eva Longo, Pietro Langella e Giuseppe Compagnone stati eletti vicepresidenti delle commissioni Finanze, Bilancio e Difesa. Lui ne voleva molti di più ma è scoppiato lo stesso il putiferio nel Pd.
I bersaniani sentono, sempre più, «puzza» di massoneria e di Partito della Nazione. «Forse è il caso che Renzi - ha detto l’ex capogruppo Speranza - ci dica se esiste una nuova maggioranza politica che sostiene il governo e che comprende anche Verdini. Se è così si deve aprire un dibattito pubblico e in Parlamento». Bersani guarda più in là e vede il pericolo concreto di alleanze elettorali con Verdini . Per l’ex segretario sarebbe «inaccettabile» un listone con i transfughi del centrodestra. «Se dovesse esserci lui con noi, avrei un bel problema. Non accetterei mai - spiega in un’intervista all’Espresso - uno snaturamento del Pd così evidente e palese. Il Pd non può diventare l’indistinto dove tutto si ammucchia. Queste pensate tattiche e trasformistiche sono destinate a essere spazzate via».
Verdini non ha fatto dichiarazioni pubbliche ma in privato si è lasciato andare a battute sarcastiche su questa sinistra che dovrebbe farsi curare e che potrà sopravvivere in Parlamento ancora qualche anno grazie ai suoi voti. «Non abbiamo mai votato la fiducia al governo - ha tagliato corto l’ex braccio destra di Berlusconi - e quindi tecnicamente non siamo in maggioranza, ma senza di noi il Pd la maggioranza non ce l’avrebbe. Bersani forse si è scordato che lui non è premier proprio perché al Senato non aveva i numeri? I nostri voti puzzano? Si turino il naso».
Di fatto c’è una nuova maggioranza e a Renzi sta bene così. A Verdini pure. Ha trattato le vicepresidenze con Luca Lotti e Elena Boschi due giorni fa al Senato, nel corridoio dietro l’aula mentre si votava la riforma costituzionale. Ieri ha cercato di strappare al capogruppo del Pd Zanda molto di più: ha chiesto sette vicepresidenze o, in alternativa, una presidenza di commissione. Zanda lo ha arginato come ha potuto ed è finita con tre vicepresidenze ad Ala.
I fuoriusciti del Pd si uniscono al coro scandalizzato delle altre opposizione. «Come previsto, subito dopo il voto favorevole alla riforma costituzionale, il gruppo di Verdini viene ricompensato della sua “affiliazione” al progetto Renzi-Boschi», ha detto D’Attorre per il quale si tratta dell’ingresso ufficiale in maggioranza. Stesso tono e argomento quello del capogruppo di Fi Romani («prendiamo atto dell’ingresso di Ala in maggioranza»). Una nuova maggioranza, secondo il presidente dei deputati della Lega, «da vomito». A questo punto, ha alzato il tiro Brunetta, serve un passaggio in Parlamento e al Quirinale per certificare questo nuova coalizione di governo. Renzi ovviamente non ci pensa proprio, ma vista la tensione nel suo partito (oggi alla direzione del Pd sarà inevitabile che la discussione si infiammi) ha rinviato alla prossima settimana l’integrazione del governo. In più ci sono problemi interni a Ncd sui nomi da proporre al premier per riempire alcune caselle vuote (il ministero Affari costituzionali e alcuni posti di viceministro e sottosegretari).