La Stampa 21.1.16
Nell’Austria che cede alla paura
“I profughi li spediamo in Germania”
Boom di armi Nel 2015 le richieste di porto d’armi in Austria sono aumentate del 350 per cento
A Salisburgo per ogni migrante che arriva più di 5 sono portati alla frontiera
di Niccolò Zancan
Alla
fine è una questione di contabilità. «Se arrivano trecentocinquanta
profughi in un giorno, ne devono partire trecentocinquanta. E quando
effettivamente succede, quando riescono ad organizzare in fretta i
pullman per la Germania, allora li sento molto soddisfatti. Non dico che
facciano una festa, ma quasi».
La signora Ricky Veichtbauer
lavora nel campo per migranti di Salisburgo come volontaria. Questo è
l’ultimo presidio austriaco prima della frontiera con la Germania. I
cartelli indicano l’autostrada per Monaco di Baviera, mancano 2
chilometri al confine. La signora Veichtbauer, un passato da manager e
da capogruppo del partito socialista, arriva in bicicletta tutti i
pomeriggi: «Vengo qui perché credo sia nostro dovere dare una mano.
L’Austria è un Paese molto ricco. Potremmo affrontare questa emergenza.
Invece, la cosa che mi colpisce, è che i profughi sono trattati come
fantasmi. Non si devono vedere. Persino i residenti di questa zona non
sanno quello che succede qui dentro». I cartelli in arabo spiegano le
regole. «Vietato fumare nell’area delle tende». «Vietato mangiare fuori
dalla zona cucina». «È consentito urinare solo nei bagni, non nelle
docce e all’aperto». «Se lasciate il centro, non sarete ammessi al
vostro ritorno».
Questo è un campo di transito. Ha una capienza
massima di 1500 posti. Oggi ci sono 239 migranti. Arrivano qui dalla
Slovenia, spediti come pacchi su treni speciali. «Arrivano stravolti,
spesso disidratati», dice la signora Veichtbauer. Se ti danno il
braccialetto numerato verde, significa che vuoi proseguire verso la
Germania. Se ti danno quello blu, allora vuol dire che hai deciso di
chiedere asilo politico in Austria e - dopo i primi accertamenti -
verrai trasferito nel campo di Thalham in mezzo a laghi, foreste e
montagne.
La percentuale è schiacciante. Per ogni profugo che
l’Austria prende in carico, ne accompagna più di cinque alla frontiera.
Nel 2015: 90 mila braccialetti blu, 450 mila braccialetti verdi. Eppure,
il tema politico del giorno è in questa frase del primo ministro Werner
Faymann: «Il nostro obiettivo è ridurre il numero dei richiedenti
asilo. Da qui al 2020, non vogliamo superare un massimo di 37.500
domande all’anno rispetto alle 90 mila del 2015».
Dunque, il piano
sembra essere questo: intensificare il transito dei profughi verso la
Germania, sospendere Schengen quando sarà necessario e inviare soldati
al confine con Ungheria e Slovenia, una zona per cui si è ipotizzata
anche la costruzione di un muro. Infine, ridurre il numero dei
richiedenti asilo politico fissando un tetto. E la Germania?
Ieri
la cancelliera Angela Merkel ha respinto per l’ennesima volta la
richiesta di introdurre un tetto nazionale al flusso dei profughi. «Ma
siamo uniti nella volontà di ridurre in maniera sensibile e durevole il
numero degli arrivi», ha detto. «Dobbiamo arrivare a una soluzione
comune europea».
Qui non si vede. Nemmeno qui. Al confine
occidentale dell’Austria. Si vede, invece, l’ennesimo pullman in
partenza per la Germania. Questa notte verranno trasferite 120 persone.
Tutte con il braccialetto verde. Sono state identificate? «No. I
profughi in transito verranno presi in carico direttamente dai
funzionari tedeschi», spiega Stephen Mayer, portavoce del governo
regionale. «Il nostro compito è informare tutti. Siriani, afghani e
iracheni sono liberi di scegliere. Anche i cosiddetti migranti economici
possono scegliere di andare in Germania. Ma le nuove direttive, di
fatto, chiudono le porte. Anche il governo austriaco sta già
rimpatriando i migranti che, ad esempio, arrivano dall’area del
maghreb».
La signora Veichtbauer finisce il turno del pomeriggio.
«Siamo circa quaranta volontari. Laviamo i vestiti, ci occupiamo delle
docce e del cibo. Non vogliamo che i profughi siano solo dei fantasmi di
passaggio sul nostro territorio». In questa storia enorme, che ancora
l’Europa si ostina a considerare a pezzi separati, tutto si mischia
continuamente. Generosità, paure ataviche, preoccupazioni reali. Il 16
dicembre, proprio davanti a questo centro di transito di Salisburgo, è
stato arrestato un cittadino francese di origini algerine sospettato di
avere un collegamento con i terroristi del 13 novembre a Parigi. C’è un
dato che sembra quasi il segno dei tempi: nel 2015 le richieste di porto
d’armi in Austria sono aumentate del 350 per cento.