La Stampa 20.1.16
Visionari di tutto il mondo, unitevi
di Mario Baudino
Le
«visioni» del Salone del libro, alla svolta decisiva per quanto
riguarda il futuro dopo la profonda crisi e gli obiettivi errori che
hanno segnato l’anno scorso la fine di una lunga fase di crescita, non
sono certo quelle contro cui esercitava parecchio sarcasmo Immanuel
Kant, nel 1765, smontano lo spiritismo di Swedenborg. Sono semmai,
kantianamente, ragionevoli e persino illuministiche, se si pensa ai
primi nomi fatti ieri da Ernesto Ferrero: il fisico Roberto Cingolani,
alfiere della robotica e delle nanotecnologie, o il suo collega del
Cern, Giulio Tonelli, o ancora l’imprenditore bolognese Marino
Golinelli, che ha creato (col suo denaro) un ricchissima Fondazione per
aiutare i giovani a capire e immaginare il mondo di domani.
Sono
il filo guida di quest’anno, le visioni dello «sguardo lungo», della
progettualità, della scienza ma anche delle «scienze umane» (visto che
tra i partecipanti c’è lo storico Carlo Ginzburg), oltre che della
tecnica e della politica. Sono ciò che in qualche modo ci si attende,
ciò di cui ha sete un mondo come il nostro stremato dal giorno per
giorno, tra fiscal compact e spending review, che reagisce magari con
eccessi di immaginazione, con mitologie consolanti e inutili, con il
populismo più becero o il disincanto più sterile. Abbiamo bisogno di
grandi progetti, fondati sulla realtà ma non schiavi del luogo comune;
di sguardi sul futuro fatti di coraggio, realismo e magari utopia.
Pur
lasciando magari da parte lo «stay hungry» di Steve Jobs, un po’
logorato dall’uso, il tema è sicuramente nell’aria. Visionari si
chiamava una fortunata trasmissione di Augias, andata in onda nel 2014 e
nel 2015, ma quelli, da Leonardo da Vinci a Einstein a Shakespeare,
erano visionari del passato. Torino chiama a raccolta i visionari
d’oggi. Dopodiché non dimenticherà certamente i cinquecento anni di
Shakespeare e Cervantes, che hanno saputo raccontare la modernità
futura. E anche i cent’anni dalla morte di Guido Gozzano. Visionario
anche lui? Se ne potrebbe discutere. Forse sì, kantianamente parlando.