La Stampa 20.1.16
“Basta parlare di noi come nipotini di Gelli. Sull’Etruria un caso per colpire il governo”
Mureddu: lo scandalo? Alla fine tutto ruota solo attorno a Carboni
di Francesco Grignetti
Giunti
a questo punto della storia, Valeriano Mureddu, l’uomo che ha fatto da
trait-d’union tra Flavio Carboni e Pierluigi Boschi, il babbo della
ministra, comincia a sentire puzza di bruciato e non ci sta. Mureddu s’è
sfogato ieri con il suo avvocato, Leonardo Casciere: «Ridicolo parlare
di noi come tanti nipotini di Licio Gelli». Certo, le suggestioni ci
sono: massoni aretini, con belle relazioni nel mondo dei soldi e della
politica, pure spavaldi con i giornalisti... Ma quando Mureddu legge sui
giornali che a Perugia lo indagano per associazione segreta, ebbene,
qualche inquietudine la prova.
«Mureddu è sereno - ruggisce il suo
legale - ed è pronto a incontrare ogni magistrato che voglia sentirlo,
ad Arezzo come a Perugia. Il che non è ancora mai accaduto. Legge
articoli incredibili e vuole fare chiarezza. Non si capacita di come si
sia passati da un reato minore quale l’evasione fiscale, peraltro tutta
da dimostrare in tribunale, a qualcosa di enorme come l’associazione
segreta. Il fatto è che anche noi siamo appesi ai giornali e alle fughe
di notizie».
Ha motivo di preoccuparsi, Mureddu. Gli è bastato
mettere in ordine alcune date: nel marzo 2014 la procura di Perugia
ordina la perquisizione di un capannone dove c’è la contabilità della
società Geovision, che si occupa di importare materiali plastici, e di
cui Mureddu sarebbe un socio occulto. Trovano quel che cercano e anche
alcuni dossier inquietanti. Contemporaneamente vengono sequestrati dei
container nel porto di Livorno pieni di polimeri, materiali che nel
frattempo sono stati venduti a un’asta giudiziaria. Mureddu e altri tre
in quella fase sono indagati per associazione a delinquere finalizzata
al contrabbando e all’evasione fiscale. Seguono, secondo le
indiscrezioni raccolte da Libero, due mesi di intercettazioni
telefoniche. Attenzione alle date, però. Tra aprile e maggio 2014, in
banca Etruria succedono diverse cose: sotto il pressing di Bankitalia
viene defenestrato il presidente Giuseppe Fornasari e occorre trovare un
nuovo direttore generale; il neopresidente Lorenzo Rosi e il
vicepresidente Boschi danno vita a un Comitato ombra (stigmatizzato
successivamente da una relazione degli ispettori di Bankitalia) che
cerca soluzioni ardite all’insaputa del cda. Proprio l’intercettato
Mureddu in quelle settimane si ritrova protagonista di continui contatti
tra i big di Etruria con Carboni, Ferramonti, Fabio Arpe. S’ipotizzano
salvataggi a cura di fondi d’investimento arabi e si tengono diversi
incontri, finché Bankitalia, nell’estate, sondata informalmente, ci
mette sopra una pietra tombale.
Ora però che Mureddu sui giornali
legge d’inchieste su una presunta associazione segreta, di una mozione
di sfiducia in Parlamento per Renzi e Boschi, e di intercettazioni che
lo riguardano, si sfoga con l’avvocato: «Si sta creando un caso politico
ad arte per colpire il governo. Ma non c’è nulla di nulla. Se ti
chiedono di consigliarti un nome, e indichi uno bravo, che scandalo è?
Alla fin fine, tutto ruota solo attorno al nome di Flavio Carboni,
l’impresentabile. Mi aspetto adesso che parlino di P7 o di P8... Ma
fanno ridere».