La Stampa 20.1.16
“A Vienna il clima sta cambiando. Ecco perché chiudiamo i confini”
Duffek: Italia e Grecia facciano di più sugli hotspot
di Tonia Mastrobuoni
Karl
Duffek è direttore dell’influente fondazione Renner, vicinissima ai
socialdemocratici austriaci, al partito del cancelliere Faymann. Spiega
le ragioni della recente chiusura delle frontiere decisa dall’Austria
(«Il clima sta cambiando, nel Paese», avverte); e all’Italia consiglia
di allearsi con i Paesi altrettanto irritati per la mancata
redistribuzione delle quote di immigrati: ma gli hotspot vanno fatti,
dice.
Come mai l’Austria ha deciso la stretta ai confini?
«La
situazione è cambiata quando alcuni Paesi scandinavi e la Germania
hanno deciso di restringere le maglie alle loro frontiere. L’Austria si è
mossa di conseguenza e ora c’è un gruppo di lavoro che coinvolge altri
Paesi e che cerca di trovare una soluzione sensata. Il gruppo lavora
coordinandosi costantemente con le autorità tedesche. Ma vorrei
sottolineare che il governo Faymann e il suo partito, i
socialdemocratici della Spoe non hanno mai pensato di introdurre un
tetto ai profughi».
L’alleato di governo del cancelliere Faymann, i popolari della Oevp, però, lo chiedono.
«Sì
ma il governo troverà un accordo, ne sono certo. Sono normali
schermaglie tra partner di governo. E i socialdemocratici sono compatti;
all’ultima riunione di partito il cancelliere Faymann ha spiegato la
sua strategia sui profughi e nessuno ha avuto da eccepire».
E allora perché questa svolta?
«L’umore
sta cambiando, in Austria. Nei mesi scorsi gli austriaci hanno
dimostrato un’enorme generosità verso i profughi, ma adesso il clima sta
rapidamente peggiorando. E il governo non può non tenerne conto,
soprattutto se l’Europa è così lenta».
Al momento i colloqui per
rafforzare i controlli ai confini e «filtrare» i profughi in base alla
destinazione che dichiarano avvengono tra il suo Paese, la Slovenia, la
Croazia, la Germania. Non sarebbe logico coinvolgere anche l’Italia?
«Non
sta a me deciderlo. So solo che se la Ue, come ha sottolineato Faymann,
non è in grado di risolvere questo problema rapidamente, è giusto che i
Paesi prendano delle iniziative proprie. Al momento i flussi maggiori
arrivano dai Balcani, immagino che sia il motivo per cui sono stati
coinvolti questi Paesi, intanto».
Non pensa che potrebbe sembrare
un modo per mettere sotto pressione Paesi come l’Italia e la Grecia, i
confini più meridionali ma esclusi da questo gruppo di Paesi che stanno
rafforzando i controlli?
«Francamente penso che l’Italia e la
Grecia siano in una situazione difficile. Ma sono anche Paesi
inadempienti, dal punto di vista degli impegni europei, ad esempio sugli
hotspot».
Sì ma finché alcuni Paesi non si prendono le quote di
rifugiati concordate con la Ue, l’Italia teme che i profughi negli
hotspot rimangano nel Paese, invece di venire redistribuiti sul resto
del continente.
«Questo è effettivamente un argomento. L’Italia
dovrebbe trovarsi alleati tra i Paesi altrettanto irritati per la
mancata redistribuzione delle quote e battere i pugni sul tavolo per
questo. Ma gli hotspot vanno fatti».