mercoledì 20 gennaio 2016

La Stampa 20.1.16
Deficit, banche e fondi
Draghi e Berlino irritati con il premier
Gelo della Bce sulla manovra. Schaeuble teme per il credito
L’affondo La Banca centrale europea, guidata da Mario Draghi, è irritata col governo Renzi per la manovra finanziata troppo in deficit
di Tonia Mastrobuoni

L’irritazione, negli uffici di Mario Draghi, è grande. Non sono piaciute le quattro eccezioni chieste dall’Italia sul disavanzo - «non si possono accumulare tutte quelle eccezioni»-, ragiona una fonte della Bce.
Né piace l’idea che siano saltate le clausole di salvaguardia come l’aumento delle accise, per cui i mancati introiti degli sgravi fiscali non vengono né da nuove imposte indirette, né saranno finanziati con tagli alle spese, «bensì, di fatto, in deficit». Un portavoce dell’Eurotower «non commenta» l’indiscrezione, e fa notare «che la Bce non mette bocca nell’esame europeo della legge di Stabilità». Tuttavia, se l’Italia dà l’idea di cercare scuse per non fare i «compiti a casa», indebolisce Draghi e rafforza i falchi come il presidente della Bundesbank Jens Weidmann, che pressano il presidente della Bce da tempo sulle sue misure straordinarie, perché scoraggerebbero l’impulso alle riforme e l’aggiustamento dei conti.
Ma ieri anche un uomo noto per non perdere mai la calma come il ministro degli Esteri tedesco Frank Walter Steinmeier non è riuscito a nascondere la sua irritazione nei confronti dell’Italia. «La Turchia è un Paese chiave, per il problema dei migranti. Se vogliamo ridurre il numero dei profughi, abbiamo bisogno della Turchia». Ma c’è «un Paese» che non ha ancora concesso il via libera al fondo da tre miliardi per Ankara. «Siamo stati molto critici, con questo Paese», ha sibilato. Il riferimento è all’Italia. Ma non è l’unico dossier che sta creando malumore nei confronti dell’Italia, a Berlino e Francoforte.
Il principale motivo di irritazione a Berlino è il freno di Roma sui soldi promessi ad Ankara per i profughi. A margine dell’ultimo vertice europeo, Wolfgang Schaeuble ha voluto incontrare il suo omologo italiano Pier Carlo Padoan a quattr’occhi per capire la ragione del veto italiano. Ma il ministro dell’Economia, stimatissimo dal tedesco, non ha potuto far altro che dirgli che non è una questione che dipenda da lui. E’ stato Matteo Renzi a bloccare la quota italiana dei tre miliardi concordati nella Ue. E anche se Schaeuble ostenta ufficialmente tranquillità, a Berlino la preoccupazione è grande. In un’intervista recente, il responsabile delle Finanze ha fatto capire che nel medio termine intende formare una «coalizione dei volenterosi» per finanziare la crisi dei profughi. E ha suggerito che se qualcuno non volesse mettere la propria quota, la potrebbe mettere Berlino. Ma dall’entourage del ministro lasciano intendere che sarebbe un passo molto grave, che suggellerebbe una crisi pesante, in Europa. Insomma, un rifiuto serio italiano di attenersi agli impegni sul fondo per la Turchia sarebbe vissuto come una crisi grave nei rapporti con Roma.
Un altro dossier che viene seguito «con grande attenzione» da Berlino è la crisi delle banche italiane. E non preoccupa tanto, in teoria, la decisione di intervenire con «bad bank» o soldi pubblici, quanto il fatto che il fallimento dei quattro istituti di credito testimoni la salute non buona del sistema bancario italiano. Preoccupano le enormi sofferenze che sembrano appesantire il settore e ipotecare la fragile ripresa. E la situazione delle banche italiane alimenta antiche diffidenze tedesche. Schaeuble ripete a ogni piè sospinto che il completamento dell’unione bancaria - l’avvio del fondo di solidarietà - deve arrivare al termine di un percorso. Da poco è in funzione il secondo pilastro dell’Unione bancaria, il meccanismo di risoluzione delle banche fallite, arrivato dopo l’avvio della Vigilanza comune. Ma per il ministro delle Finanze il via libera al passo successivo - il fondo di garanzia comune - non può arrivare senza la certezza granitica che il settore sia solido. E gli scandali che hanno travolto il sistema italiano, tutto ispirano, tranne un’idea di solidità.
Un ultimo motivo di preoccupazione, ma minore, è l’appuntamento di marzo con la verifica del Programma di stabilità. Sull’Italia, Schaeuble tende a smorzare i toni ormai da due anni perché «preoccupano molto di più altri conti pubblici», ossia quelli francesi. Ma le eccezioni accordate a Parigi hanno a che fare con la difficile situazione politica: Berlino non vuole mettere sotto pressione François Hollande, alleato prezioso attanagliato da una destra populista con tassi di popolarità crescenti. E noi, da due anni, possiamo nasconderci dietro la Francia.