domenica 17 gennaio 2016

La Stampa 17.1.16
Un incontro fra uomini nel rispetto delle differenze
di Gavriel Levi
Professore Emerito Sapienza Università di Roma

Non penso che un dialogo tra le diverse religioni sia arricchente, se punta alla reciproca conversione. Sono invece convinto che debba esistere un dialogo fra uomini di diverse religioni, perché ognuno impari a rispettare la religiosità dell’altro. Con una metafora: un monte non si incontra con un monte, mentre un uomo si incontra con un uomo.
Per gli ebrei questo ultimo tipo di dialogo è una necessità fondante. Scritta nell’introduzione ai 10 comandamenti. Ripetuta nel testo dei 10 comandamenti. Spiegata nel commento ai 10 comandamenti che Mosè ha inciso nel suo testamento.
Nell’introduzione ai 10 comandamenti: voi sarete un popolo di Kohanim (sacerdoti). I Kohanim, nella pratica , sono coloro che cercano di trasmettere una doppia benedizione: da Dio agli uomini e dagli uomini a Dio.
Nel testo dei 10 comandamenti: ci sono tre comandamenti che sono diretti esclusivamente agli ebrei (l’unità di Dio, il divieto delle immagini, il fare il Sabato) e sette che riguardano tutta l’umanità e che ripropongono il patto di Noè, la religione universale che precede e giustifica il patto del Sinai e che, per gli ebrei, è tuttora vigente.
Nel commento di Mosè ai 10 comandamenti, ascolta Israele il Signore è nostro Dio: il Signore è uno, spesso sfugge che questo versetto non è una formula matematica, ma è una dichiarazione sull’unità del genere umano davanti a Dio. Vale a dire: il nostro Dio è uno per noi e per tutti coloro che sono nel mondo. Comunque, capire l’unità di Dio non è solo una questione fra gli ebrei e gli altri uomini. E’ anche una questione fra ebrei ed ebrei e di tutti i popoli fra di loro.
Queste riflessioni riguardano anche la religiosità elementare, laica, che esiste in ogni singolo essere umano.
E’ bene chiarire questo punto. Per religiosità laica intendiamo la confluenza di tre sentimenti: la percezione abissale dell’infinito, anche dentro di noi; la percezione meravigliata dell’unità armoniosa dell’universo; la percezione di unità assoluta dell’umanità.
Una precisazione storica: proprio mentre nell’Europa, l’illuminismo confrontava le religioni rivelate con il binomio teismo/ateismo, in parallelo il misticismo ebraico usava sempre più spesso un nome bi-logico per chiamare Dio e cioè: Infinito/Niente. Non un’invenzione ma una riscoperta.
Infatti fin dalla antichità gli ebrei si sono rivolti a Dio usando, nella stessa frase, il Tu ed il Lui intersecati (benedetto Tu che crea…). Una giusta intuizione: per evitare l’ombra dell’antropomorfismo, gli ebrei chiamano Dio con un unico nome personale ed impersonale.
Una notazione sul dialogo cristiano-ebraico e, sul dialogo ebraico-cristiano,
Nel suo più recente Documento, la Chiesa cattolica rimanda al Mistero Divino il rapporto di Dio con gli Ebrei: non sappiamo in quale modo Dio lasci la porta della salvezza aperta agli ebrei, pur tenendo conto che gli ebrei continuano a non accettare Cristo.
Questo rinvio al Mistero Divino è nuovo ed è molto emotivo, ma ci lascia ancora imbarazzati, come figli di Noè prima che come ebrei.
Per la torah, le scelte di amore fatte da Dio sono scelte irrevocabili. Con la promessa profetica: potrà una donna dimenticare il suo bambino, l’amore del suo ventre? Anche queste cose potranno essere dimenticate, ma Io non ti dimenticherò.
Le tavole della Legge che Dio consegna a Mosè, dopo il fattaccio del vitello d’oro, sono accompagnate dalla vera regola del Patto, e cioè i 13 attributi della Misericordia: Dio/Dio, colui che perdona a coloro che lo amano, per migliaia di generazioni. Due volte Dio perché prima della colpa e dopo la colpa Dio non cambia. Questa regola, vale per il popolo ebraico e vale per tutta l’umanità.
Secondo il Talmud, con i 10 comandamenti, Dio ha firmato la torah: Io, Me stesso, l’ho scritta e l’ho data. E dove sarebbe nascosta questa firma autografa? Nella sigla composta dalle prime due parole e dalle ultime due parole dei 10 comandamenti. Io sono Dio che è del/il tuo prossimo.
Le porte che bisogna attraversare per arrivare a Dio non sono mai chiuse. Perché le uniche porte da aprire sono soltanto dentro di noi.
Il segno del patto di Dio con Noè è l’arcobaleno. Contro la violenza dell’uomo sull’uomo. Per la cura del creato e delle creature da parte di tutta l’umanità. Perché la sacralità della vita rimanga la grammatica con cui Dio è capace di tradurre tutte le lingue nella sua.