La Stampa 15.1.16
Diritti individuali, pensiero forte dell’Occidente
di Massimo Russo
Se
in Occidente il ventesimo secolo è stato il tempo dei diritti
collettivi, il ventunesimo si apre all’insegna di quelli individuali. La
difficoltà di incardinare questo dibattito nelle categorie classiche
del Novecento disorienta, fa paura. Lo dimostrano le posizioni e le
reazioni di partiti e cittadini alla discussione politica di questi
giorni.
In primo piano lo ius soli - la concessione della
cittadinanza a chi nasce in Italia - le unioni civili, con l’adozione
dei figli naturali del partner per le coppie omosessuali, e il fine
vita, con l’inserimento dell’eutanasia nell’agenda dei provvedimenti che
il Parlamento dovrà discutere a marzo. Come raccontiamo anche oggi, si
tratta di questioni che tagliano trasversalmente gli schieramenti
politici tradizionali, rimescolando le carte, confondendo i punti di
riferimento. La difficoltà di classificare favorevoli e contrari secondo
gli schemi consueti è certo dovuta al fatto che si tratta di temi che
fanno appello alla coscienza, alla cultura e alle convinzioni di ognuno.
Ma c’è dell’altro.
L’introduzione di una quota sempre maggiore di
diritti individuali nell’ordinamento dello Stato fa paura anche perché
sembra minare alla base alcuni valori ed elementi costitutivi della
nostra identità collettiva: la famiglia, le tradizioni religiose, la
cittadinanza, la cultura. È la retorica un po’ lisa di chi vede
l’Occidente disgregarsi, ormai vittima del pensiero debole, della
società liquida. Una sorta di decadimento progressivo, al quale
contrapporre invece - in una guerra di civiltà - il fanatismo di chi ha
valori e religioni diverse dalle nostre, e li afferma con la violenza.
Quasi che l’unico campo da gioco in cui opporsi all’integralismo
assolutista fosse l’esibizione di un’identità opposta, ma altrettanto
monolitica.
È vero il contrario. Solo un rafforzamento dei diritti
e delle libertà individuali ci può salvare. Quel che ci differenzia
davvero dal fanatismo, di qualsiasi colore o appartenenza, è l’idea di
una società come somma di liberi individui responsabili. È ciò a cui
l’Occidente lavora dal Rinascimento e da Galileo in poi. Da qui, con un
unico filo, discendono non solo i diritti dei gay, quelli di
cittadinanza o la scelta di come morire - le cose che ci separano oggi -
ma anche conquiste dalle quali per tutti noi è inconcepibile arretrare,
come la liberazione della donna, che non è schiava né dell’uomo né
della società.
Libertà e responsabilità sono, al di là delle
diverse convinzioni, l’unico antidoto al totalitarismo. Questa, con i
doveri che porta con sé, è l’identità davvero non negoziabile, della
quale chiedere con fermezza il rispetto a chi viene a vivere in Europa.
Non
è un vuoto, ma è un pieno, non pensiero debole ma forte, in continuo
divenire. Lo è perché in grado di incorporare caos e diversità e
trasformarli in ricchezza, vita, abbondanza, democrazia, come sanno fare
gli organismi antifragili descritti dal filosofo e matematico Nassim
Taleb. Con questi occhiali ogni mutamento - sia pure attraverso
contraddizioni e disordine - alla fine porta nuova crescita.
Perciò
non bisogna guardare con paura alla contemporaneità e alla lacerazione
che porta con sé. Ci possiamo dividere su tutto, anzi, a volte è
opportuno. A patto che ciò accada all’interno di un contenitore alla cui
base c’è la libertà individuale.