giovedì 14 gennaio 2016

La Stampa 14.1.16
Colonia
Il preoccupante tentativo di nascondere i fatti
di Vladimiro Zagrebelsky

La gravità dell’ondata di violenze e umiliazioni, che sono state imposte a centinaia di donne a Colonia e in altre città tedesche nella notte di Capodanno, in prevalenza da gruppi di migranti islamici, ha oscurato un aspetto di quanto è avvenuto, che dovrebbe essere invece segnalato per suscitare allarme e reazioni. Si tratta del dato incontrovertibile che, in una società abituata all’immediata circolazione delle notizie, delle fotografie, dei commenti per ogni e qualsiasi avvenimento, fatti come quelli di Colonia hanno tardato giorni ad emergere sulla stampa. Soprattutto la larga presenza di migranti tra gli aggressori è emersa solo dopo giorni e giorni. Non è difficile concludere che vi è stato un tentativo di nascondere ciò che era avvenuto, almeno nella sua gravità e nel coinvolgimento di migranti. O se non un tentativo di occultamento da parte delle autorità, almeno una grave titubanza nella gestione dell’informazione. Quanto nel temporaneo blackout informativo sia dovuto alla stampa tedesca non è dato sapere ed è augurabile che non vi sia stata alcuna connivenza con le autorità. Naturalmente sia sulla realtà dei fatti accaduti, sia sul loro nascondimento all’opinione pubblica si saprà di più in seguito, ma fin da ora è necessario suonare l’allarme. Tanto più che è appena emerso che anche in Svezia, analoghi episodi avvenuti nel 2014 e 2015 sono stati taciuti e solo ora vengono alla luce, non ostante che numerosi migranti islamici fossero stati arrestati. Svezia e Germania, due democrazie che si sono segnalate per una politica di apertura a migranti provenienti da aree di guerra e violenze, da lungo tempo la prima e recentemente in modo massiccio la seconda.
Il senso di quanto avvenuto, la spiegazione, le conseguenze culturali e politiche in Europa sono oggetto di discussione aspra e divisiva, tra chi prende occasione per indicare gli «islamici stupratori» e chi replica che «stupratori siamo anche noi». Ogni generalizzazione è sciocca, ma è purtroppo capace di mobilitare emozioni e impedire di ragionare distinguendo. Tuttavia non è dubbio che la cultura europea, fuori dalle sue frange criminali, ha acquisito il dato fondamentale dell’eguaglianza tra uomo e donna e del rispetto della loro dignità. Si tratta di una questione fondamentale e caratterizzante, non suscettibile di accomodamenti e tolleranze verso culture diverse, che non hanno ancora compiuto il percorso della storia europea delle idee e dei diritti delle persone. In proposito la discussione apertasi in Germania sul carattere organizzato o spontaneo delle aggressioni sembra suggerire che i fatti sarebbero più gravi se fossero stati diretti e organizzati, anziché viceversa. La spontaneità di massa sarebbe invece molto più allarmante.
Ma qualsiasi opinione si abbia sul significato di quanto avvenuto, occorre pretendere da tutti che i fatti non vengano nascosti; prima di tutto dalle autorità pubbliche e dalla stampa il cui compito di informare è al tempo stesso un diritto e un dovere. La libertà di espressione della stampa va insieme al diritto del pubblico di essere informato. Da parte delle autorità pubbliche si può capire che esistano in talune circostanze preoccupazioni sugli effetti di una notizia data. Vi sono occasioni in cui la verità può avere effetti incendiari e qualche segnale in questo senso si vede ora in Germania. Ma una verità comunicata nella sua interezza e nella sua complessità è condizione essenziale della vita democratica. Essa non solo consente a ciascuno di formarsi un’opinione non distorta dalla mancanza di informazione, ma anche garantisce la fiducia nella affidabilità delle autorità pubbliche nelle notizie che essa trasmette. Se fatti gravi come quelli avvenuti sono taciuti, come potrà l’autorità pubblica pretendere che le si creda quando invece parla e comunica? Tanto più che è ingenuo credere che il silenzio possa tenere a lungo, specialmente quando, come sta avvenendo, sono centinaia le donne che denunciano violenze e molestie. Il valore della credibilità delle autorità pubbliche e la fiducia nella qualità delle notizie che danno dovrebbero essere curati sempre, prima di tutto dalle stesse autorità. In mancanza esse si privano di una condizione essenziale, non solo della vita democratica, ma anche della efficacia dell’attività di governo. E l’opinione pubblica diviene preda di chiunque lanci notizie e messaggi infondati, allarmistici in un senso o in un altro, strumentali solo alla lotta politica. La censura di Stato, di cui nei due casi tedesco e svedese si vede l’ombra, fa male a tutti, anche a chi è chiamato a governare situazioni difficili.