La Stampa 14.1.16
Per il premier il fronte più caldo è con Bruxelles
di Marcello Sorgi
Molto
più delle riforme istituzionali, avviate ormai a soluzione, e più
ancora delle unioni civili, che continuano a essere motivo di divisione,
sono i rapporti con l’Europa che rischiano di diventare il problema
numero uno per Renzi. Non è solo la concentrazione di prese di posizione
al più alto livello - Dombrovskis, Dijesselbloem, dalla Commissione
all’Eurogruppo, confermate anche dall’intervista di Moscovici alla
Stampa - che richiamano il presidente del Consiglio italiano a una
posizione meno polemica nei confronti delle autorità di Bruxelles e
ripetono che l’Italia non può continuare a chiedere più flessibilità per
risolvere il problema dei propri conti pubblici. È purtroppo l’intero
quadro di riferimento su cui Renzi si era mosso finora a subire
turbolenze.
All’inizio della legislatura europea, nel 2014, Renzi,
uscito dalle elezioni come leader del partito più votato nel campo del
centrosinistra, rifiutò le avances degli altri partiti socialisti che
puntavano a coinvolgerlo in un fronte anti-Merkel, e consigliò di
prendere atto realisticamente della vittoria del centrodestra europeo,
candidandosi così a diventare un interlocutore credibile per Angela
Merkel: con la quale, infatti, riuscì a migliorare i rapporti, negativi
ai tempi di Berlusconi, e poi altalenanti con Monti.
L’ondata di
migranti della scorsa estate e la svolta verso l’accoglienza, però,
hanno creato diversi problemi alla Cancelliera, aggravati dall’ondata di
terrorismo islamico e dai recenti fatti di Colonia: tal che una
leadership che sembrava inossidabile deve adesso fare i conti con
un’opposizione interna alla sua stessa coalizione, sia da parte dei
socialdemocratici, sia da quella della Csu. Renzi inoltre ha maturato un
contenzioso sul tema della redistribuzione dei profughi che vorrebbe
legittimamente mettere in carico alla trattativa con Bruxelles: in
quest’ambito, ma non solo, sarebbe stata preziosa una mano d’aiuto che è
mancata da parte della Merkel.
Dombrovskis, Dijesselbloem e
Moscovici tuttavia dicono all’Italia che potrà confidare in un
atteggiamento più aperto da parte dell’Europa se sarà in grado di
continuare il percorso delle riforme. Renzi dunque ha margini di
manovra, a patto di non prendersela con la Commissione, ma con i suoi
oppositori interni.