La Stampa 14.1.16
Bruxelles a Renzi
“Basta critiche siete stati favoriti. l’Italia è il Paese che ha avuto di più”
Il
Commissario europeo Moscovici “Conti pubblici, avete avuto molto, è il
Paese che ha avuto di più in termini di flessibilità sui conti pubblici.
Il compromesso è più efficace del conflitto».
intervista di Marco Zatterin
Francese
Pierre Moscovici, socialista, è stato ministro delle Finanze e degli
Affari Europei a Parigi. Dal 2014 è commissario europeo per gli Affari
Economici
Il tono vale quanto le parole. Quello di
Pierre Moscovici è pacato anche se ammette di non capire perché
«l’Italia critichi mentre è il Paese che ha avuto di più» in termini di
flessibilità sui conti pubblici. Il commissario Ue per l’Economia,
francese e socialista, non cerca evidentemente la rissa, piuttosto
fotografa una situazione che gli piacerebbe diversa. Così, davanti a
Roma che si esprime sulle cose europee con la voce più forte che le
riesce, «cerca di ragionare» e, per quanto suggerisce l’esperienza, ne
trae che il dialogo è sempre «più efficace» dei pugni sul tavolo.
L’esigenza
di un clima più sereno è sentita da Moscovici alla luce dell’anno
ancora non facile che attende l’Unione. «Dopo un 2015 molto complicato -
dice in colloquio con quattro corrispondenti europei -, abbiamo una
ripresa evidente, ma non abbastanza forte. Dobbiamo sfruttare il buon
vento di coda, a partire dai prezzi petroliferi. E attuare le regole e
gli interventi con cui abbiamo risposto alla crisi».
Sei mesi fa stavamo per salutare Atene. E ora?
«La
crescita è tornata in Grecia e va consolidata. Da luglio la
cooperazione col governo è positiva. Non voglio minimizzare perché le
sfide sono difficili, soprattutto occorre una vera riforma delle
pensioni. Quando sarà fatta potremmo chiudere la prima revisione
dell’accordo di agosto e affrontare il problema della sostenibilità del
debito. A quel punto, deve entrare in gioco il Fmi. Serve per dare
ancora più credibilità al programma».
Diversi Paesi chiedono uno sconto che compensi il costo della sicurezza. Si può fare?
«Nessuna
nuova spesa per la sicurezza mi pare tale da sconvolgere l’andamento
dei conti e il quadro macroeconomico. Non bastano a capovolgere la
logica del Patto di stabilità».
Vuol dire che non ci saranno margini aggiuntivi rilevanti?
«Dico
che anche utilizzando tutta la flessibilità possibile non renderemo la
politica di bilancio espansiva. La flessibilità è per definizione un
elemento marginale. Non cambia i giochi. Il Patto di stabilità non è
morto grazie alla flessibilità. Ma la regola resta la regola. Io devo
farla rispettare».
Roma domanda uno sconto di 0,2 punti di Pil alla voce migranti e sicurezza. Che farete?
«La
Commissione esaminerà la questione “ex post” e caso per caso
nell’ambito del Patto di Stabilità. È una possibilità, non
un’alternativa al rispetto delle regole. Nell’insieme dell’Eurozona non
sarà certo la flessibilità a cambiare la tendenza dell’economia».
Ma senza il suo punto di flessibilità Roma rischia di non rispettare gli obiettivi.
«L’Italia
è il solo Paese dell’Eurozona che ha domandato più tipi di
flessibilità. Non la clausola congiunturale, perché - fortunatamente -
nel Paese c’è la crescita, ma quella per gli investimenti e quella
strutturale. Quest’ultima non è una novità perché avevamo già concesso
0,4 punti di margine. La prima può essere ottenuta, basta dimostrare che
gli investimenti sono stati tali da giustificare la flessibilità
aggiuntiva dello 0,3 auspicata».
Con un piano di investimenti chiaro?
«Assolutamente.
Valuteremo il caso italiano di qui alla primavera. La proposta di
decisione al Consiglio verrà su argomentazioni oggettive, sia
qualitative che quantitative».
È contento dell’atteggiamento duro nei confronti dell’Europa che ha caratterizzato l’Italia nelle ultime settimane?
«Non
comprendo mai perché… Vede, noi sappiamo che l’Italia non è il Paese
che beneficia di meno dell’aiuto dell’Europa. Può ottenere la clausola
sugli investimenti o delle riforme strutturali e, nonostante tutto,
critica. E dice “non abbiamo abbastanza” quando hanno più di chiunque
altro. Va bene dal punto di vista della retorica, non della realtà. La
Commissione ama l’Italia. Apprezza e sostiene le riforme. Ed è aperta
alla flessibilità, a condizione che i fatti permettano di accedervi».
Non è contento, allora.
«Non ho detto che non sono contento. Cerco di ragionare».
E allora cosa le suggerisce il governo Renzi che non risparmia critiche all’Ue?
«Dal
punto di vista politico, il dialogo è sempre franco e amichevole, con
Padoan come con Matteo Renzi. Sono due politici con cui è piacevole
parlare, e dico sul serio».
Però?
«Però ciò non toglie che -
per esperienza personale come parlamentare, eurodeputato, ministro e
ora commissario europeo - ho sempre considerato che un atteggiamento di
cooperazione e compromesso sia più efficace del conflitto».
Il Fisco. L’Europa sta davvero combattendo l’evasione?
«Guardi
i fatti. Abbiamo approvato la norma sui “tax rulings” in 7 mesi.
Continueremo l’azione contro gli abusi nel mercato unico. Vogliamo
davvero un fisco equo. Ovunque».
E l’ipotesi di una «Google Tax» per i big del digitale?
«Margrethe
Vestager conduce le inchieste sui comportamenti irregolari. Io propongo
interventi legislativi. Il 2016 deve essere l’anno della rivoluzione
trasparente e della riforma della fiscalità delle imprese in Europa,
contro evasione e frodi. Per tutti, a cominciare dalle multinazionali,
secondo il principio della tassazione effettiva. Non si rivolge a una
certa impresa o settore. Tutti devono pagare le tasse dove ottengono i
profitti».