La Stampa 14.1.16
La maledizione del partito degli onesti
di Mattia Feltri
Questo
non è un articolo, è un aggiornamento delle puntate precedenti: è
finito nei guai un altro partito degli onesti. Sono decenni che succede e
da decenni tutti ci riprovano e ci ricascano, qualcuno anche due o tre
volte, come il governatore lombardo Bobo Maroni che emergeva fra i
leghisti onesti già alla fine degli anni Ottanta. Poi arrivarono i
duecento milioni di lire della maxitangente Enimont, ma la Lega continuò
a essere un faro: «La Lega degli onesti» disse Maroni quando si
trattava di mandare in carcere Nicola Cosentino, e subito arrivò
Francesco Belsito coi lingotti d’oro e i diamanti in Tanzania; a Maroni
toccò salire su un palco a gridare onestà-onestà mentre issava una
ramazza al cielo benedicente. Ora Maroni è a processo con l’accusa
d’aver portato un’amica a Tokyo coi soldi pubblici, e speriamo
sinceramente ne esca assolto, come speriamo si sia reso conto che la
militanza nel partito degli onesti esige un po’ di spericolatezza.
La
storia ci insegna che gli autoproclamati onesti finiscono in galera, e
se ne scampano finiscono nel nulla. Il caso più clamoroso è quello del
povero deputato berlusconiano Alfonso Papa che con una certa temerarietà
chiamò «partito degli onesti» il Pdl pochi giorni prima che la Camera
lo spedisse (sbagliando) in cella. Pure Roberto Formigoni vibrò per un
«Pdl sempre più partito degli onesti», che poi era l’ambizione di
Angelino Alfano - testuale, «partito degli onesti» - quando diventò
segretario di Forza Italia per acclamazione. In nome (anche) dell’onestà
è stato poi fondato il Nuovo centrodestra, e così era stato fondato
(Nino Lo Presti: «Agli onesti del Pdl dico: venite con noi») il
movimento finiano Futuro e Libertà, poi evaporato in compravendite di
case monegasche e in risultati elettorali non elettrizzanti. Ma non
vorremmo dare l’idea che la maledizione del partito degli onesti sia
questione di destra; anzi, è soprattutto di sinistra, ideatore il grande
leader repubblicano Giovanni Spadolini oltre trent’anni fa,
continuatore Giorgio La Malfa all’alba di Mani pulite, e entrambe le
esperienze si chiusero con qualche arresto. Il superpartito degli onesti
è stato l’Italia dei valori di Antonio Di Pietro («procedere a
braccetto con gli onesti!») e ha prodotto - oltre a Domenico Scilipoti e
Antonio Razzi - delle furibonde liti sulle grana fino alla
dissoluzione. Onestissima era la Rete, partito di Leoluca Orlando («chi
si siede al nostro tavolo deve essere onesto»), e ancora più onesto
quello di Antonio Ingroia («noi siamo onesti»). Nel tempo la leadership
del partito degli onesti se la sono presa anche Rosa Russo Jervolino e
Cicciolina, fino agli ideologi sommi e totalizzanti dell’onestà in
politica: i ragazzi a cinque stelle. Onesti o meno onesti, dalla vicenda
di Quarto escono da sprovveduti, che in politica è peggio.