La Stampa 12.1.16
Bertinotti, il sol dell’avvenire dietro le spalle
di Marcello Sorgi
Da
quanto tempo non si sentiva più parlare di lotta di classe, movimento
operaio, capitalismo, sinistra? Fausto Bertinotti - per dodici anni, dal
’94 al 2006, leader di Rifondazione comunista e per due, dal 2006 al
2008, presidente della Camera - lo fa in un breve e agile pamphlet,
scritto sotto forma di intervista con Carlo Formenti, pervaso di
amarezza fin dal titolo, Rosso di sera (Edizioni Fuoripista, pp. 108, €
12), anche se si sa che in molti casi un tramonto infuocato fa sperare
nel bel tempo.
Per la sinistra, non solo quella radicale, non è
affatto un bel momento. Né può essere una consolazione aver assistito
alla sconfitta della socialdemocrazia, che a lungo ha cercato di imporre
la propria ricetta di governo a quella parte dello schieramento di
centrosinistra che invece sosteneva le ragioni del conflitto. La
mutazione genetica s’è compiuta, grazie al fallimento dell’ipotesi di
«compromesso fra Capitale e lavoro seguito alla Seconda guerra
mondiale». Nel panorama politico contemporaneo, non solo nazionale,
spiccano un capitalismo sempre più globale e finanziarizzato seguito al
crollo del comunismo, il trionfo del liberismo e delle trasformazioni
sociali che hanno rotto (per sempre?) l’unità delle classi subalterne.
Dalla crisi delle socialdemocrazie «è emerso un inedito animale
politico: un partito di centro che pesca voti ovunque e si candida a
gestire il nuovo ordine liberista».
È abbastanza facile
riconoscere nell’identikit il Partito democratico di Renzi, rispetto al
quale tuttavia Bertinotti non ha particolari motivi di polemica,
riservati invece alla minoranza post-comunista e più in generale a tutta
l’esperienza del Pci. Lo stesso schema si applica a Blair e alla crisi
del laburismo inglese (con qualche simpatia per il nuovo leader Corbin)
e, con maggior delusione, a Tsipras, dopo l’entusiasmo per la vittoria
popolare nel referendum e l’errore delle divisioni che l’hanno seguita.
Nel vuoto aperto dalla crisi si sono inseriti i movimenti populisti che
prosperano in tutta Europa, e questo non lascia molte speranze per la
sinistra. Anche se si sa: in politica, mai dire mai.