martedì 12 gennaio 2016

La Stampa 12.1.16
Via al Comitato del no, i grillini sostengono Rodotà e Zagrebelsky
Sono già 132 i deputati pronti a sottoscrivere la richiesta del referendum: Sel, Civati e i 91 grillini
Ma Berlusconi, Salvini e Meloni pensano a un’iniziativa autonoma
di Amedeo La Mattina

Sono già 132 i deputati pronti a sottoscrivere la richiesta del referendum per affossare la riforma costituzionale. Tra questi ci sono i deputati di Sel, di Civati e di Sinistra italiana, ma a far raggiungere il quorum necessario sono stati i 91 grillini. «Non aderiamo formalmente al Comitato per il No - spiega Danilo Toninelli - perchè noi vogliamo che sia una battaglia trasversale e non di parte. Faremo di tutto, banchetti in piazza, eventi e quanto è necessario per fermare questa riforma di Renzi». Adesso il Comitato per il No attende l’approvazione definitiva del testo nel mese di aprile per poi sferrare una guerra a tutto campo al quale si unirà il centrodestra con una propria iniziativa autonoma. Berlusconi, Salvini e Meloni non hanno ancora discusso come muoversi concretamente dal punto di vista organizzativo. «L’unica cosa certa - sostiene Gelmini - è che siamo drasticamente contro questa riforma che Renzi pretende di portare a casa con il 30% delle forze parlamentari. Su questo fronte marciamo uniti alla Lega e ai Fratelli d’Italia». In aula il presidente del Pd Orfini si è rivolto a Fi, dicendo sarcastico di aspettare «l’accoppiata divertente tra voi e Zagrebelsky». La Gelmini gli risposto per le rime. «Fi farà i propri comitati per il no con Lega e Fdi. Zagrebelsky è un problema del Pd, non nostro».
Alla fine molto probabilmente saranno due i comitati che hanno però un obiettivo comune. E non è solo quello di fermare la modifica della Carta. È un fronte che si sta sommando e incontrando per strade parallele per colpire il governo, innanzitutto Renzi che chiede un plebiscito popolare. Che sia un’opposizione millecolori è chiaro dalle forze in campo e che sia anche molto politica è chiaro dagli interventi che si sono sentiti ieri pomeriggio nell’auletta dei gruppi a Montecitorio.
Il convegno, che si svolto mentre in aula si approvava la riforma, era presieduto da Alfiero Grandi e Domenico Gallo del Coordinamento per la democrazia costituente. C’era i giuristi Alessandro Pace, Gaetano Azzariti, Felice Besostri, Lorenza Carlassare, Gianni Ferrara e Massimo Villone. Hanno parlato di «gravi violazioni» che il combinato disposto ddl Boschi-Italicum causa «ai principi costituzionali», di profili di «incostituzionalità che caratterizzano la nuova legge elettorale ipermaggioritaria». In platea oltre a parlamentari in carica come Civati, D’Attorre, De Petris, Scotto, erano presenti molti ex deputati e senatori ed ex ministri (Flick, Di Pietro, Salvi, Pomicino). Presenti anche l’ex pm Ingroia e il leader dei metalmeccanici Landini.
Il discorso più politico lo ha fatto Stefano Rodotà - un vero manifesto anti-Renzi. «Le dichiarazioni di Renzi sul referendum costituzionale fanno chiaramente capire che si sta facendo un passo verso la democrazia plebiscitaria. Il meccanismo plebiscitario non è una novità, ma è stato uno strumento del governo autoritario del quale i giuristi parlavano già alla fine dell’800»». Per Rodotà occorre trasformare il 2016 «da possibile anno orribile in anno di ripresa della partecipazione dei cittadini alla politica. Oggi i cittadini sono carne da tweet e da slide, confinati alla passività, ridotti ad una merce. No a mance e bonus, ma diritti ai cittadini».