lunedì 11 gennaio 2016

La Stampa 11.1.16
L’ultimo cartaio di Fabriano
“Io, come un artigiano del ’200”
Sandro Tiberi: custodisco un’arte del passato ma uso anche le nanotecnologie
di Federico Taddia

«Io non faccio una carta qualsiasi, io faccio la tua carta, esclusiva e personalizzata. Non mi serve a nulla essere bravo come un artigiano del 1200, sarei solo una rievocazione storica: io voglio essere bravo oggi, utilizzando la stessa tecnica di ieri per realizzare prodotti eccellenti, attuali e appetibili nel contemporaneo». Il tino, in cui l’acqua e la cellulosa di cotone si fondono generando una pasta liquida, fragile e sfuggevole. Il feltro, morbido e accogliente, su cui posare la carta in attesa dell’asciugatura.
La pressa, solida e possente, con la quale togliere l’acqua in eccesso e imprimere con lastre d’acciaio figure e texture sulla superficie del foglio. E poi le forme, setacci rettangolari in acciaio, da muovere con ritmo e armonia, prima in senso longitudinale e poi trasversale, guidati dall’esperienza e dal talento, per cercare l’intreccio giusto, saldo ed equilibrato tra le fibre.
La raffinatezza
Sono azioni intrise di secolare tradizione quelle che come una litania accompagnano le giornate di Sandro Tiberi, 52 anni, unico, e ultimo, maestro cartaio di Fabriano. Appassionato e raffinato professionista nell’arte della fabbricazione della carta a mano.
«Sono figlio di un ferroviere, diplomato in telecomunicazione: sono state le trame della vita a portarmi in questa direzione. Nel 1985 sono stato assunto come operaio nelle Cartiere Miliani, e lì ho appreso i segreti del mestiere. Ho imparato ad amare la carta, a fare le prime sperimentazioni, a intravedere possibili sviluppi. La continua e irrefrenabile industrializzazione del settore secondo me lasciava aperti spiragli di creatività per proporre manufatti dal sapore antico ma che guardassero il futuro. Così, nel 1999 mi sono licenziato e ho aperto la mia bottega».
Il sogno
Plasmare un sogno. Fondere con un’alchimia il materiale e l’immateriale. Forgiare l’emozione del bello. Vola alto con le parole Tiberi, sa di maneggiare un’abilità maturata per oltre 750 anni. A Fabriano infatti la carta si produce dal 1264. Inventata in Cina un paio di secoli prima della nascita di Cristo, sono gli Arabi ad esportare in Europa questo supporto nato come alternativa alla pergamena. E forse grazie alla vicinanza del porto di Ancona arriva anche nella cittadina marchigiana. E sono proprio i fabrianesi a rivoluzionarne la tecnica di lavorazione, diventando in pochi secoli i più rinomati cartai d’Europa per merito di tre fondamentali invenzioni.
La prima è la collatura con gelatina animale in sostituzione all’amido di frumento, che permette alla carta una scrittura più facile, di non deteriorarsi e di poter essere utilizzata nel tempo, acquisendo così quell’affidabilità necessaria a sostituire le pergamene nei documenti ufficiali. La seconda riguarda la meccanica, con l’ideazione della pila idraulica a magli multipli: un sistema che sfrutta la forza dell’acqua per battere gli stracci e ottenere fibre più omogenee in minor tempo, permettendo un notevole aumento della produzione. Infine, proprio per differenziare e riconoscere i vari fabbricanti, ecco l’ideazione della filigrana, per contrassegnare indelebilmente ogni singolo foglio.
Un patrimonio di competenze tramandato da generazioni, con il suo apice nel 1782, quando l’imprenditore Pietro Miliani ha fondato le omonime cartiere, dando il là agli eredi per imporre il marchio “Fabriano” nel mondo. Marchio che dal 2002 fa parte del Gruppo Fedrigoni, azienda leader nel settore. «In questo contesto mi sento un po’ come un panda, un animale in via d’estinzione - sorride Tiberi - Ma salvaguardare queste conoscenze, che sono alla base dell’artigianato artistico, significa proteggere l’identità e la ricchezza di un paese. Tutti sono pronti ad indignarsi se crolla un palazzo antico o se va distrutto un reperto archeologico, ma nessuno poi dà un sostegno reale a chi cerca di preservare queste nicchie di sapere».
L’eredità
Da qui l’intuizione di aprire l’«Accademia delle Arti Cartarie», per trasmettere le molteplici possibilità creative della carta a professionisti e appassionati, con corsi, workshop e residenze artistiche. E, contemporaneamente, si lancia sul mercato, disegnando un catalogo che mette insieme passato e futuro, catturando interesse in Italia e all’Estero. «L’uomo non ha bisogno della carta a mano: è un bisogno che devo sollecitare io puntando su qualità, prestigio e tecnologia». E così, a fianco di classiche carte pregiate per cerimonie, aziende, corrispondenze, il restauro e l’incisione, ecco l’elegante biglietto da visita a cui basta avvicinare lo smartphone per essere direttamente indirizzati al proprio sito internet. O stampe con all’interno un Qr Code che dà voce alle immagini o, ancora, fili di silicone e giochi di filigrana con cui disegna lampade e oggetti di design.
Con un occhio a materiali atipici, come la carta al caffè o con i semi, che può essere piantata per far crescere erba e fiori, o come le nanotecnologie sperimentate in collaborazione con il Cnr e le Università, per rendere idrorepellente quanto ottenuto dalla cellulosa e creare borsette e accessori per la moda. «Non sto scoprendo nulla di nuovo, sto solo mettendo in pratica quello che i miei avi sanno da sempre: con la carta, e le mani, l’unico limite è la fantasia».