domenica 17 gennaio 2016

Il Sole Domenica 17.1.16
Il meglio sui «quanti»
La strana teoria della luce e della materia
di Vincenzo Barone

Susskind e Friedman hanno scelto la via più saggia per divulgare l’indivulgabile: insistere sulle differenze con la fisica classica
Sulla divulgazione della fisica quantistica pesa una perentoria e celebre affermazione di Richard Feynman: «Credo di poter dire con sicurezza che nessuno comprende la meccanica quantistica», scriveva il fisico teorico statunitense nel saggio La legge fisica, pubblicato nel 1965 (l’edizione italiana è di Bollati Boringhieri). Se nessuno può davvero comprendere le sottigliezze dei quanti, qualunque tentativo di raccontarle a un pubblico profano (o a uno studente) sembra destinato al fallimento. Ma uno sguardo al contesto della frase citata ne precisa il significato. Ciò che Feynman intende dire è che non si può pretendere di capire la meccanica quantistica in termini di modelli di tipo tradizionale; non bisogna chiedersi, insomma, «Come può essere così?», perché si entrerebbe «in un vicolo cieco da cui nessuno è ancora uscito».
Semplificare a tutti i costi la meccanica quantistica, cercando di renderla più “familiare”, può essere controproducente. Al contrario, un approccio che sottolinei subito la differenza rispetto alla visione classica dei fenomeni fisici, senza arretrare davanti all’apparato formale, è – per quanto irto di difficoltà - più efficace sul piano concettuale. È questa la strada che hanno scelto il fisico Leonard Susskind e il suo coautore Art Friedman nel loro libro introduttivo sulla meccanica quantistica – il migliore nel suo genere -, recentemente apparso in traduzione italiana nella collana “Scienza e idee” di Raffaello Cortina. Pioniere della teoria delle stringhe, esperto di fisica dei buchi neri (sulla quale ha ingaggiato vittoriosamente una famosa sfida con Stephen Hawking), teorizzatore del “multiverso”, Susskind è una delle figure più interessanti dell’attuale panorama scientifico internazionale, nonché un efficace comunicatore (per una fortunata coincidenza, è anche tra i protagonisti di un altro libro uscito quasi in contemporanea nella stessa collana di Raffaello Cortina, Due intrusi nel mondo di Einstein, di Amanda Gefter, avvincente racconto di viaggio alla scoperta delle idee e dei personaggi più affascinanti della fisica contemporanea).
«Non siamo adatti a percepire fenomeni quantistici – scrivono Susskind e Friedman – […] Ma siamo creature flessibili e siamo stati capaci di sostituire con della matematica astratta i sensi mancanti che ci avrebbero permesso di visualizzare in modo diretto la meccanica quantistica. E alla fine abbiamo sviluppato nuovi tipi di intuito». Le più importanti astrazioni matematiche alla base di queste nuove forme di “intuito” riguardano le nozioni di stato e di misura (sulle quali ruota buona parte del libro). In fisica classica lo stato di un sistema è definito semplicemente dall’insieme delle proprietà che caratterizzano quel sistema (nel caso di una particella, la posizione, la velocità, ecc.). Conoscere lo stato vuol dire quindi conoscere i valori di tali proprietà, che sono quelli che si leggono sugli strumenti quando si effettua una misurazione. In meccanica quantistica la situazione è totalmente diversa: lo stato è un ente matematico astratto – un vettore – distinto dalle proprietà misurabili del sistema, alle quali è legato da relazioni indirette e niente affatto ovvie. Ciò permette di chiarire la questione dell’indeterminismo quantistico, su cui spesso si fa confusione: la legge di evoluzione degli stati quantistici è deterministica, nel senso che lo stato futuro di un sistema è univocamente determinato dal suo stato passato, ma la conoscenza degli stati non è sufficiente a prevedere con certezza le proprietà del sistema e i fenomeni che lo riguardano (le previsioni sono, in generale, solo di tipo probabilistico). Sempre in termini di stati e di misure si può comprendere l’entanglement, uno dei più importanti fenomeni quantistici, consistente nel fatto che una misura compiuta su una parte di un sistema può influenzare immediatamente (senza però che ci sia trasmissione di informazioni) le proprietà di un’altra parte, anche lontana, cosicché la conoscenza del sistema complessivo, come diceva Schrödinger, «non può essere separata nella somma logica delle conoscenze dei suoi elementi».
Il sottotitolo originale del libro, The Theoretical Minimum, fa il verso al “minimo teorico” di Lev Landau, il bagaglio di nozioni che il famoso fisico sovietico riteneva necessario per poter cominciare a fare della buona ricerca in fisica teorica. In trent’anni, solo una quarantina di persone furono in grado di superare l’esame di Landau. Il «minimo teorico» di Susskind è certamente meno arduo, ma è comunque rivolto a lettori motivati. Richiede sforzo, concentrazione, simpatia per la matematica, e va affrontato con carta e penna. Ripaga però ampiamente, con uno stile brillante e, soprattutto, con una serie di illuminanti osservazioni che portano dritto al cuore di una delle più grandi conquiste del pensiero scientifico.
Leonard Susskind e Art Friedman, Meccanica quantistica. Il minimo indispensabile per fare della (buona) fisica , tr. it. di Giuseppe Bozzi, Raffaello Cortina, Milano, pagg.310, € 27
Amanda Gefter, Due intrusi nel mondo di Einstein. Un padre, sua figlia, il significato del nulla e l’inizio di tutto , tr. it. di Luca Guzzardi, Raffaello Cortina, pagg. 480, € 33