il manifesto 17.1.16
Tocci: non mi candido ma serve una lista civica Orfini: Pd con simbolo
Campidoglio.
Fassina: se c'è il senatore pronto a ritirarmi. Ma a casa dem è scontro
ruvido. Il commissario: chi vuole si presenti alle primarie
di Daniela Preziosi
Non
c’è pace nel Partito democratico romano, neanche ora che il
vicepresidente della camera Roberto Giachetti ha accettato di correre
alle primarie come candidato con il crisma di Matteo Renzi. Ora al Pd
serve almeno un altro nome per dare una parvenza di competizione ai
gazebo. Un altro nome capace di tenere dentro gli antirenziani e gli
scontenti. Ma un altro nome stenta a saltare fuori, soprattutto dopo che
il presidente della regione Nicola Zingaretti ha ’endorsato’ Giachetti,
con una rapidità sorprendente: deludendo le speranze di tutti quelli
che guardavano a lui come sostenitore di un nome della minoranza.
Ieri
Walter Tocci, invocatissimo senatore dissenziente ed ex assessore a
Roma, da tempo candidato del cuore di una parte della sinistra
capitolina ben oltre il Pd, sul suo blog ha rilanciato la proposta di
«una lista civica di centrosinistra», mettendo «da parte il simbolo di
partito», «non una rinuncia, ma un investimento per la riscossa». Per
Tocci in questi giorni «si ripete il vecchio copione. Il Pd romano si
ripresenta alle elezioni senza un programma credibile. Affida alle
primarie il compito improprio di sciogliere i nodi politici. Seleziona i
candidati nel recinto di partito, sempre più angusto. Sono gli stessi
errori del 2013. È sconcertante ripeterli oggi». Tocci chiede un
congresso prima del voto e giudica esaurita la funzione del commissario
del Pd romano Matteo Orfini. «Sarebbe il momento di tentare soluzioni
nuove, di immaginare scenari inediti, di alzare lo sguardo intorno a
noi. Ci vorrebbero umiltà e coraggio».
Ma il senatore chiarisce
una volta per tutte che non si candiderà: «La mia candidatura non è mai
esistita, è un’invenzione del chiacchiericcio politico-giornalistico».
La sua proposta piacerebbe a sinistra, innanzitutto a chi non si
rassegna alla morte del centrosinistra. Piace persino a Stefano Fassina
che da sempre, pur bocciando in blocco il Pd romano, fa un’eccezione per
il compagno di tante battaglie. Fassina, che per oggi ha organizzato un
incontro in ogni municipio della capitale, in questi giorni ha dovuto
difendersi dall’accusa di voler rompere la coalizione ’a prescindere’.
Ieri, con un tweet, ha mostrato di aprire uno spiraglio: «Se il Pd Roma
raccogliesse la proposta di Tocci per lista civica di centrosinistra,
pronto a ridiscutere tutto».
Ma la schiarita è durata poco,
appunto, lo spazio di un tweet. Al quale a stretto giro il commissario
del Pd romano Matteo Orfini ha risposto con un no secco alla lista
civica. «Il Pd è orgoglioso del suo simbolo. Soprattutto a Roma dove
dopo un anno di rigenerazione c’è un Pd diverso da quello che non si
accorgeva di mafia capitale. Con quel simbolo ci presenteremo alle
elezioni». La decisione è presa, l’aveva anticipata anche il
vicesegretario Lorenzo Guerini. «Le primarie saranno il luogo delle
scelte che, come sempre, spetteranno ai nostri elettori e non ai
caminetti. Se qualcuno vuole misurare opzioni e proposte differenti si
candidi alle primarie e si confronti con loro», chiude il commissario.
Che con l’occasione, per ribadire il concetto non solo a Tocci ma anche a
Sinistra italiana, ingaggia un ruvido scambio di tweet con Vendola e i
suoi che dall’assemblea di Sel lo accusano di aver rotto il
centrosinistra: «Dunque caro @NichiVendola, tu puoi scegliere nel chiuso
di una stanza un candidato, mentre uno che si candida alle primarie
divide?». La rispostaccia arriva dal giovane Marco Furfaro: «Parlò
quello che nel chiuso di una stanza decise di dimissionare dal notaio il
sindaco eletto dai cittadini romani».