Il Sole Domenica 10.1.16
Furti d’arte
Collezione Goering: il catalogo
di Benedetta Gentile
Tra
le carte degli archivi diplomatici francesi è stato ritrovato l’elenco
completo delle opere d’arte collezionate dal gerarca nazista. L’editore
Flammarion lo ha pubblicato
Con il saccheggio di 5mila tra dipinti
e oggetti destinati a celebrare il genio tedesco in un grande museo a
Linz, Hitler poteva vantare un indiscusso primato per numero di razzie
di opere d’arte durante il Terzo Reich. Battuto sulla quantità dei
tesori saccheggiati, Hermann Goering poteva però gloriarsi di aver
costituito una raccolta di maggiore qualità di quella del Fuhrer
passando così alla storia non solo come il numero due del regime ma
anche come uno dei collezionisti più avidi e accorti mai esistiti. Sulla
leggendaria collezione Goering sono stati scritti fiumi d’inchiostro ma
un libro, pubblicato ora in Francia da Flammarion, consente di toccare
con mano la portata della sua ossessione e delle ruberie commesse. Tra
le carte degli archivi diplomatici francesi è stato infatti ritrovato il
catalogo completo della sua collezione, un prezioso documento che non
solo repertoria i 1.376 dipinti entrati in suo possesso, ma li scheda
con foto, autore e descrizione dell’opera, modalità di acquisizione,
provenienza e anche la collocazione nelle varie dimore del gerarca
nazista. Lo straordinario inventario testimonia come la gestione della
collezione sia stata in cima alle preoccupazioni di Goering fino alla
fine del 1944 , quando poteva esibire anche duecentocinquanta sculture e
centosessanta tra arazzi e tappeti, un bottino complessivo di 2mila
oggetti d’arte valutato a decine di milioni di marchi. Il manoscritto
originale della collezione figurava tra le carte lasciate dalla ormai
mitica “Monument Woman” Rose Valland alla direzione dei musei nazionali
che all’epoca deteneva gli archivi per il recupero delle opere d’arte
(poi confluiti in quelli del Quai d’Orsay). Come il documento sia finito
nelle mani della conservatrice del Jeu de Paume, rimane però un
mistero. Tradotto in francese, è ora integralmente riprodotto nel libro
con le fotografie dei quadri dell’epoca, dando accesso così, si
sottolinea nel libro, a numerosi elementi inediti di indiscutibile
valore documentario. Il catalogo è strutturato in modo identico
dall’inizio alla fine, con il numero d’inventario preceduto da RM
(Reichsmarschall). In 407 pagine sfilano così i 1.376 dipinti che
ornavano soprattutto Carinhall, la sua residenza-museo nel Branderburgo.
Goering poteva deliziarsi con opere di Tiziano, Tintoretto, Bellini,
Carpaccio, Bassano, Paolo di Giovanni, Benozzo Gozzoli, Filippino Lippi e
poi di Memling (la sua Madonna con bambino della collezione Renders era
tra i suoi quadri preferiti), Rubens, Rembrandt, Van Dyck, Breughel,
Cranach, Durer e decine di altri grandi maestri europei. Il solo
abbaglio lo aveva preso con Cristo e l’adultera, capolavoro non di
Vermeer come credeva ma del grande falsario Han Van Meegeren. Scoprì che
quello che considerava il suo bottino più prestigioso era un falso solo
a guerra finita, quando era già dietro le sbarre in attesa del processo
di Norimberga.
Il catalogo, redatto tra il 1939 al 1944 da fidate
segretarie incaricate di aggiornare scrupolosamente l’inventario, apre
con le prime due opere entrate nella raccolta del corpulento gerarca
nazista che amava definirsi uomo del Rinascimento e vedeva nelle
collezioni «un monumento a sé stesso». Si tratta di opere di provenienza
italiana ma realizzate da artisti attivi in corti tedesche, la Venere
di Jacopo de’ Barbari e Diana e Callisto di Johann Rottenhauer. Siamo
nel 1933, al momento dell’ascesa della potenza nazista, quando Goering,
già presidente del Reichstag, viene nominato da Hitler a capo del
Ministero degli Interni e di quello dell’Aviazione. La collezione, che
all’epoca si aggira attorno ai 200 pezzi, si arricchisce lentamente fino
al 1939 con opere che, come scrive il ministro degli esteri francesi
Laurent Fabius nella prefazione del volume, tradiscono la volontà di
Goering di «costituire un insieme emblematico di ciò che considera come
l’identità tedesca» in cui i Cranach già sono presenti con 12 dipinti
(saliranno poi a 57). La collezione perderà poi il suo carattere
strettamente germanico per accogliere capolavori italiani e francesi e
anche opere di artisti considerati degenerati, come gli impressionisti,
quando l’occupazione della Francia e la confisca delle grandi raccolte
appartenenti a famiglie ebree gli metterà l’acquolina alla bocca. È con
l’entrata in guerra che il ritmo di acquisizioni o spoliazioni si fa più
intenso: man mano che le truppe tedesche avanzano, le opportunità di
bottino aumentano in modo esponenziale, tanto da mettere in difficoltà
le finanze del pur ricchissimo Goering che per soddisfare il suo
insaziabile appetito deve più volte ricorrere a scambi di quadri.
Scambi, va detto, che per le valutazioni concordate dalla sua posizione
di forza potevano essere tranquillamente apparentate a un furto.
Come
viene meticolosamente annotato nel dossier sulle attività di Goering e
sulle sue acquisizioni di opere d’arte redatto dagli Alleati per il
processo di Norimberga (National Archives di Londra) il maresciallo era
riuscito a costituire in poco tempo la sua collezione grazie a
un’organizzazione capillare, con esperti di fiducia come Walter Andreas
Hofer sguinzagliati in tutta Europa per consigliarlo sulle opportunità
che via via si presentavano con l’avanzare dell’occupazione. Una forte
accelerazione si ebbe con lo sbarco in Francia nel 1940 dell’Einsatzstab
Reichsleiter Rosenberg (ERR), subito attivissima nel sequestrare le
grandi collezioni appartenenti a famiglie ebree. «Nonostante la ERR sia
nota come la più importante organizzazione tedesca dedicata ai furti di
opere d’arte, si sa che l’uomo che ispirò questa ladroneria e ne
approfittò maggiormente fu Goering» si legge nel documento alleato. Il
Reichsmarschell non per nulla riuscì ad ottenere il diritto di prima
scelta sulle opere confiscate in Francia ed ebbe modo di fare
comodamente la sua cernita: tra il 1940 e il 1942 furono organizzate
solo per lui al Jeu de Paume ben venti mostre di tesori trafugati. La
sua organizzazione non tralasciava alcun aspetto, da quello finanziario
che faceva anche leva su un gioco dei cambi di valute sempre a suo
favore ai trasporti (possedeva 4 treni speciali). Goering voleva
comprare tutto, ma quando comprava voleva che fosse al prezzo più basso.
Nonostante le immense somme che aveva a sua disposizione, contrattava
sempre, qualsiasi somma si trattasse e spesso faceva acquisti di oggetti
di second’ordine solo perché il prezzo era basso, annotano sempre gli
alleati che lo bollano come «crudele, inaffidabile e avido» nonché
«tirchio, ipocrita e senza scrupoli». Tutto quello che riguardava il
danaro era sotto il suo controllo personale, dai conti alla
corrispondenza che doveva essere battuta a macchina solo dalla sua
segretaria privata. Voleva che tutte le fatture e ricevute fossero
firmate e registrate «con una precisione tutta tedesca». Le sue
scorrerie nel campo dell’arte dovevano essere caratterizzate dalla
segretezza e dal suo manifesto desiderio di mantenere le apparenze, di
essere “corretto”, almeno nella forma. Cosicchè quando gli arrivarono in
dono per il suo compleanno nel dicembre del 1943 le 15 casse trafugate a
Montecassino da ufficiali della sua divisione si sentì a disagio perché
il furto era su una scala troppo grande anche per un ladro come lui.
Non sapendo come salvare le apparenze, si rivolse a Hitler che consigliò
di mandare le casse nel suo deposito bunker di Kurfurst. Certo per
qualche giorno si godette la Danae del Tiziano e altri tesori della
Pinacoteca e Museo Archeologico di Napoli, ma poi capì che era meglio
non rischiare. Perciò nel suo catalogo non vi è traccia della Danae o
della Parabola dei ciechi di Breughel. Anche se nulla fu catalogato alla
vigilia della resa tedesca le casse furono però spedite nella miniera
di Altaussee come sua proprietà. Forse per poter negoziare con maggior
peso un accordo con i vincitori, come molti gerarchi avevano tentato di
fare. Nel suo caso comunque, senza successo. Goering, ricorda nella sua
introduzione al catalogo lo storico Jean-Marc Dreyfus, a Norimberga
giustificò la creazione della sua raccolta con il «suo gusto per l’arte e
il grandioso» e ritenne che non vi era «nulla di reprensibile» nel modo
in cui aveva agito.
Jean-Marc Dreyfus (a cura di), Le Catalogue Goering , con prefazione di Laurent Fabius, Flammarion, Parigi, pagg. 230, € 29