domenica 10 gennaio 2016

Il Sole Domenica 10.1.16
Un nuovo senso del limite
L’appellarsi delle religioni ai valori tradizionali, in reazione al terrorismo, pone un freno alla libertà. Ma ci sono anche altri modi per gestire la nostra fragilità
Anticipazione di un brano dal volume di Remo Bodei Limite (pagg. 128, € 12) in libreria per il Mulino dal 14 gennaio
di Remo Bodei

Durante la nostra esistenza sperimentiamo innumerevoli confini che ci definiscono, segnalando discontinuità, barriere da infrangere, divieti da osservare, soglie reali o simboliche. I limiti ci circondano e ci condizionano da ogni lato e sotto ogni aspetto, a iniziare dagli immodificabili dati della nostra nascita (corpo, tempo, luogo, lingua, Stato), dall’involucro stesso della nostra pelle, dagli orizzonti sensibili, intellettuali e affettivi del nostro animo per finire con il termine ultimo della morte.
La condizione della specie umana è però contraddistinta dall’essere circoscritta da limiti che sono mobili e cangianti, in quanto – a differenza degli altri animali – ha una storia articolata in culture che si modificano nel corso del tempo. Con un paradosso si è detto che «l’uomo è l’essere confinario che non ha confini», proprio perché nel trovarli, per lo più, li supera.
Soprattutto la modernità occidentale è stata intesa, non senza enfasi, come una consapevole e sistematica violazione dei termini prefissati, che avrebbe trasformato l’uomo in superbo e libero creatore del proprio destino, in un essere teso a negare la propria finitudine, ad auto-trascendersi nello sforzo di diventare sempre più simile a Dio. La ripetuta e vittoriosa esperienza del varcare ogni genere di confini (geografici, scientifici, religiosi, politici, ambientali e, recentemente, perfino biologici) avrebbe pertanto finito per generare una sorta di delirio di onnipotenza, di vertiginosa auto-esaltazione spinta al punto di negare che, in linea di principio, esistano limiti invalicabili.
Ma le principali civiltà contemporanee hanno davvero voluto cancellare faustianamente tutti i limiti? O sarebbe meglio sostenere che alcuni li hanno semplicemente spostati in avanti, altri li hanno messi ai margini o li hanno, per così dire, costretti a entrare in clandestinità, altri ancora li hanno addirittura riproposti, rivendicati e perfino violentemente rafforzati mediante la restaurazione dogmatica di fedi, mentalità e comportamenti del passato (come nel caso dell’applicazione letterale della sharia, che significa, appunto, ritorno alla “strada battuta”)? E non si stanno forse erigendo nuovi muri, visibili e invisibili, per separare tra loro individui e popoli, stabilendo rigidi criteri di esclusione e d’inclusione? […] Le religioni, poi, non stanno prendendosi la loro rivincita sulla modernità dal momento in cui gli Stati che la rappresentano non sono più in grado né di tutelare in misura sufficiente la sicurezza e il benessere promessi ai propri cittadini, né di dare alle loro vite un senso più pregnante? […] E quando il mondo viene percepito come incerto e ostile, il paradiso non appare forse più desiderabile del “Sole dell’avvenire”, che tarda a sorgere, o dell’abbondanza annunciata dal capitalismo, che continua invece ad accrescere le disuguaglianze sociali?
L’attesa di felicità ultraterrena quale risarcimento per le sofferenze subite in questa vita ha, tuttavia, un prezzo: implica l’accoglimento nel mondo reale di obblighi morali e religiosi in contro-corrente rispetto a quelli predicati dalla modernità laica di radice illuministica e, talvolta, il ricorso all’intolleranza per imporre i propri valori trascendenti e assoluti (vale a dire senza limiti), più saldi e rassicuranti per chi rifiuta e teme una cultura del dubbio e della critica razionale.
Eppure, nel demolire gli ostacoli, lo sviluppo delle scienze e delle tecniche è talmente prodigioso da proiettare i suoi successi su ogni altro aspetto della modernità, fino al punto di rendere plausibile la tesi dell’annientamento di ogni limite. Basta voltarsi indietro per misurare ed elencare alcuni dei macroscopici progressi compiuti nel giro di pochi decenni: la fisica ha raggiunto risultati in precedenza inconcepibili nello svelare gli enigmi della materia e del cosmo; le biotecnologie preparano l’avvento di uomini geneticamente modificati e longevi, in grado di sconfiggere malattie considerate finora incurabili e di rendere maggiormente performativi i loro sensi e più acute le loro menti; l’informatica, l’intelligenza artificiale, la robotica e le nanotecnologie non cessano di stupire con i loro avanzamenti (si pensi solo ai calcolatori capaci di compiere milioni di miliardi di operazioni al secondo, in confronto a quelli lenti, grandi come una casa, accuditi da stuoli di tecnici, che indussero nel secondo dopoguerra il presidente dell’IBM a dichiarare che nel futuro «al mondo non vi saranno mai più di sei computer»).
La generica domanda «in che misura siamo entrati in un mondo dai confini labili o inesistenti?» si dovrebbe suddividere e articolare in questi specifici interrogativi: a) ci sono limiti che, diversamente da quelli scientifici o intellettuali, non dovremmo mai infrangere? b) la violazione di proibizioni etiche, di venerandi tabù religiosi, di collaudati modelli di convivenza o il brusco sovvertimento d’istituzioni politiche tradizionali ci sospingerà rischiosamente verso l’ignoto e ci farà in breve precipitare nell’abisso dell’anarchia? c) mediante quali criteri distinguere gli ostacoli che è giusto o lecito rovesciare?
Di fronte alla complessità di simili questioni è diventato urgente ripensare l’idea di limite, di cui si è in parte persa la piena consapevolezza – normale in altri tempi –, in modo da essere meglio in grado di definire l’estensione della nostra libertà e di calibrare la gittata dei nostri desideri. A questo scopo sarà utile conoscere i molteplici e concreti aspetti dei singoli limiti, riscoprirne, di volta in volta, le ragioni, stabilirne i criteri di rilevanza e compierne un’attenta mappatura.[…]
Costituirebbe già un degno contributo alla condotta morale l’abitudine distinguere con cura le violazioni dei limiti tese ad avvantaggiare lo sviluppo materiale, intellettuale e affettivo degli individui e delle società da quelle che, al contrario, nuocciono a esso. Si eviterebbe così di cadere, da una parte, in una velleitaria iconoclastia che scambia tutti i confini per pregiudizi da abbattere secondo l’imperativo del “Vietato vietare” e, dall’altra, nel santificare gli ostacoli che bloccano e mortificano il dispiegamento delle facoltà umane, gelando la possibile fioritura di concrete speranze in una vita migliore. L’attitudine a riconoscere e distinguere i limiti è, tuttavia, un’arte che va coltivata e praticata con cura, lasciandosi guidare, nello stesso tempo, dall’adeguata conoscenza delle specifiche situazioni e dei loro presumibili sviluppi, da un ponderato giudizio critico e da un vigile senso di responsabilità.