domenica 10 gennaio 2016

Il Sole Domenica 10.1.16
I cervelli? Sono unisex
di Patrizia Caraveo

L’esame delle immagini di 1400 cervelli, mappati con la risonanza magnetica, ha dimostrato che non esiste un cervello tipicamente maschile facilmente distinguibile da uno tipicamente femminile. I cervelli di uomini e donne sono formati da combinazioni di strutture che a volte compaiono negli uomini altre nelle donne, rendendo impossibile riconoscere il sesso di un individuo a partire delle immagini della risonanza magnetica del suo cervello.
Una volta abbattuto il falso dogma che voleva il cervello dei maschi diverso da quello delle femmine, ci piacerebbe poter vivere in un mondo dove uomini e donne godano degli stessi diritti e abbiano le stesse opportunità. Purtroppo, il recente rapporto del World Economic Forum ci dice che non è così.
Combinando le informazioni, raccolte in 145 paesi, su scolarizzazione, salute, opportunità di lavoro, stipendio, presenza femminili nei gradi più alti delle carriere e in politica, si vede chiaramente che il gap tra uomini e donne continua ad esistere e si materializza in minori stipendi, minore opportunità di entrare nel mondo del lavoro, minore frazione di donne nelle posizioni che contano, minor presenza femminile in politica.
Le nazioni più vicine alla parità sono Islanda, Svezia, Finlandia e Norvegia, mentre quelle più lontane sono Siria, Pakistan e Yemen.
Andando a curiosare tra le schede delle varie nazioni, salta all’occhio la situazione generalmente buona per quel che riguarda salute ed educazione. In 98 delle 145 nazioni, all’università la presenza femminile supera quella maschile. I campi dove la parità è lontana sono quelli collegati all’economia ed alla politica. Non sono molte le nazioni che hanno un egual numero di uomini e di donne in parlamento o che hanno egualmente divisi i ministeri o che hanno, o hanno avuto, una donna a capo del governo. La copertina di Time dedicata ad Angela Merkel, eletta personaggio dell’anno 2015, ha fatto scalpore perché è la quarta donna ad avere questo onore nei 127 anni di storia della rivista.
In effetti, secondo il Word Economic Forum, i gap tra uomini e donne si gioca tutto nelle mondo del lavoro e in quello della politica. L’Italia non va malissimo, anche se è lontana dai primi della graduatoria. Siamo al 41° posto, aiutati dal gran numero di laureate e dalla buona presenza di ministre nelle squadra di governo, ma penalizzati dalla poca presenza femminile nel mondo del lavoro e dalla modesta frazione di donne negli alti gradi delle professioni più qualificanti e in parlamento. Per salire in graduatoria l’Italia dovrebbe incentivare con decisione il lavoro femminile, aiutando le lavoratrici a conciliare le ambizioni professionali con gli impegni familiari e penalizzando le organizzazioni che, al momento di una promozione, accettino di considerare liste di candidati composte da soli uomini. Purtroppo succede spessissimo, mentre basterebbe solo un po’ di attenzione per incentivare la presenza femminile a tutti i livelli, a cominciare da quelli più alti dove la visibilità è maggiore. Emergere per una donna è spesso una lotta impari, che vede le prospettive di carriera frustrate da una meritocrazia senza regole chiare mentre la paga aumenta più lentamente di quella dei colleghi maschi.
È proprio il divario salariale tra uomini e donne il risultato del rapporto del World Economic Forum che ha attirato la maggiore attenzione mediatica. Certamente, nemmeno le nazioni più virtuose possono vantare parità salariale nel settore privato, dove gli stipendi sono negoziabili. Il paese che più si avvicina al traguardo è il Belgio dove le donne hanno (in media) un salario che è il 94% dei loro corrispettivi maschili, seguito da Svezia, Norvegia e Grecia al 93%, Danimarca al 92%, Spagna al 91% e Italia all'89%. Tra i paesi più industrializzati, il dato più basso è quello del Giappone che è al 73%, ampiamente battuto dal 63% della Korea del Sud.
Il divario tra gli stipendi di uomini e donne non colpisce solo impiegati o professionisti. Il gap è un problema molto sentito anche tra i divi strapagati di Hollywood. Le attrici lamentano di ricevere compensi decisamente inferiori a quelli dei colleghi maschi e di avere una carriera molto più corta.
Alle sportive non va meglio. Anche trascurando il mondo essenzialmente maschile (e orrendamente maschilista) del calcio, in tutti gli sport le campionesse sono sempre molto meno pagate dei campioni.
Le medaglie che vincono, però, vengono contate allo stesso modo. Come il cervello, le medaglie non hanno sesso.