martedì 5 gennaio 2016

Il Sole 5.1.16
Urgente la mediazione di Russia e Stati Uniti
di Ugo Tramballi


Fra due giganti mondiali delle violazioni dei diritti umani – 198 sentenze capitali da gennaio 2015 in Arabia Saudita, 694 fino a luglio dell’anno scorso in Iran, secondo Amnesty International – è difficile aspettarsi moderazione. Lo scontro millenario fra sciiti e sunniti e quello più moderno fra i due paesi per il petrolio e la supremazia nel Golfo, rischia di provocare una guerra senza precedenti in una regione già piena di conflitti. Servono mediatori onesti. Servono Stati Uniti e Russia.
L’Isis, che per noi è la minaccia numero uno come dovrebbe esserlo anche per sauditi e iraniani, non è la causa di questa grande emergenza: ne è la conseguenza. Se i due paesi, le due potenze della regione, avessero relazioni moderne; se fossero stati capaci di creare un sistema collettivo di sicurezza che facesse convivere le loro comprensibili ambizioni, probabilmente lo stato islamico non esisterebbe più. Forse non sarebbe mai nato.
La decisione di eseguire tutte insieme 47 esecuzioni - per quante colpe avessero i condannati - e fra queste quella di un imam sciita, è una prova d’irresponsabilità dei nuovi vertici della monarchia saudita. Averlo fatto scientemente è pericoloso. Ma lo sarebbe ancora di più se lo avessero fatto senza valutare le conseguenze. La reazione iraniana dimostra che dietro i volti rassicuranti del presidente Hassan Rouhani e del suo ministro degli Esteri Zarif, a Teheran i radicali continuano a determinare le politiche. Se questo è lo scenario, solo due potenze più grandi di loro, Stati Uniti e Russia, insieme, possono fermare la determinazione con la quale i due nemici marciano verso il confronto militare.
Barack Obama ha cercato di ricreare quella equidistanza fra Iran e Arabia Saudita che gli Stati Uniti avevano prima della rivoluzione Khomeinista del 1979: l’accordo sul nucleare iraniano è stato uno strumento serio, anche se al momento sembra molto lontano dagli obiettivi che voleva raggiungere. Tuttavia, cosa sarebbe la crisi di oggi con un Iran impegnato in una corsa al riarmo nucleare?
Anche la Russia è stata fondamentale per il raggiungimento dell’accordo con l’Iran e la progressiva riduzione delle sanzioni economiche. La mediazione che ora Vladimir Putin offre a sauditi e iraniani è importante, ma non può bastare. Perché se nella regione gli Stati Uniti continuano a essere percepiti come la parte filo-saudita (tranne che dai sauditi), la Russia è il sostenitore dell’Iran. Dopo aver creato in Siria un asse col mondo sciita, sarebbe estremamente pericoloso se nella loro penetrazione nella regione, i russi usassero l’arma settaria e non la generale autorevolezza conquistata in questi mesi.
In gioco c’è davvero la grande guerra mediorientale, quella che non abbiamo mai visto: non ci sono paragoni con i vecchi conflitti che gli arabi avevano combattuto contro Israele nel 1948, ’67 e ’73 né la lunga guerra fra Iran e Iraq, finita nel 1988. La faglia, la prima linea di una guerra che scoppierebbe nel Golfo, il luogo di massima produzione petrolifera mondiale, proseguirebbe senza interruzioni in Iraq: nella riconquista di Ramadi, contro l’Isis era stata fondamentale la partecipazione di milizie sunnite accanto all’esercito iracheno. Una ripresa degli scontri settari permetterebbe all’Isis di riconquistare il terreno che sta perdendo. In Siria verrebbero archiviate la lotta al califfato e il negoziato sulla fine della guerra civile. Le sostituirebbe lo scontro senza intermediari fra sauditi e iraniani per la conquista di Damasco.
Perfino in Libano, miracolosamente capace di non precipitare in una nuova guerra civile, ci sarebbero conseguenze drammatiche. Sicuramente salterà l’accordo per l’elezione del nuovo presidente, concordato tra filo-sauditi e filo-iraniani. Ma potrebbe accadere molto peggio. Al momento l’unico ad avere legittime ragioni di soddisfazione per una guerra fra Iran e Arabia Saudita, è lo sceicco al-Baghdadi.