martedì 5 gennaio 2016

Il Sole 5.1.16
I nuovi rischi. Russia, Cina, Medio Oriente e cyberspazio
I quattro fronti «caldi» per le tensioni globali
di Martin Feldstein


L’inizio dell’anno è il momento giusto per soppesare i rischi. Ci aspettano importanti rischi economici tra i quali anomalie dei prezzi degli asset provocate da un decennio di tassi di interesse bassissimi, spostamenti della domanda causati dal cambiamento in atto nella struttura dell’economia cinese e la persistente debolezza delle economie europee. Ma i rischi più a lungo termine sono di natura geopolitica e vengono da quattro fonti: Russia, Cina, Medio Oriente e cyberspazio.
Anche se l’Urss non esiste più, la Russia resta una potenza nucleare formidabile. Ma è indebolita dalla sua dipendenza dal petrolio in un momento in cui i prezzi sono precipitati. Putin ha già prospettato ai russi scenari di austerità perché il governo non sarà più in grado di permettersi i benefit degli ultimi anni.
Il pericolo geopolitico viene dall’interventismo militare – in Ucraina e ora in Siria – che Putin sfrutta per mantenere la popolarità in Russia, attraverso i mezzi di informazione che celebrano il ruolo globale del Paese. La Russia utilizza già come arma economica le esportazioni di gas verso Europa occidentale e Turchia, benché la decisione turca di procurarsi il gas in Israele evidenzi i limiti di tale strategia. Mentre Putin risponderà a questa e ad altre sfide, la Russia resterà fonte di grande incertezza.
La Cina è ancora un Paese povero, con un Pil pro capite che è circa un quarto di quello americano. Ma essendo la popolazione cinese quattro volte superiore a quella americana, il Pil totale è pari a quello americano (in termini di Ppa). Ed è il Pil totale che determina l’abilità di un Paese di investire nella forza militare per offrire un mercato di importanza strategica alle esportazioni di altri Paesi ed elargire aiuti ad altre parti del mondo. La Cina fa queste cose in proporzione commisurata al suo Pil. Anche con una previsione di tassi di crescita più moderati, il Pil cinese crescerà più rapidamente di quello di Usa o Europa.
La Cina sta espandendo il dominio strategico: avanza rivendicazioni marittime nel Mare cinese orientale e in quello meridionale che interferiscono con quelle di altri Paesi (tra cui Giappone, Filippine e Vietnam). La Cina invoca la cosiddetta “linea dei nove punti” (creata da Taiwan nel 1947) per giustificare le rivendicazioni su gran parte del Mare cinese meridionale dove ha creato isole artificiali e dichiarato la propria sovranità sulle acque territoriali. Gli Usa hanno definito la strategia cinese come “interdizione d’area”: il tentativo di tenere lontana la marina americana dal proprio Paese e dalle coste dei Paesi della regione alleati agli Usa.
La Cina espande anche la propria influenza geopolitica con iniziative come l’Asian Infrastructure Investment Bank, i programmi di aiuti all’Africa e il suo progetto “One Belt, One Road” per stabilire rapporti marittimi e territoriali attraverso l’Oceano Indiano e l’Asia Centrale, sino all’Europa.
Per il Medio Oriente, l’attenzione del mondo era perlopiù concentrata sulla minaccia dell’Isis alle popolazioni civili di tutti i Paesi, Europa e Usa compresi. La questione più grave è il conflitto millenario tra musulmani sciiti e sunniti. Da sempre e quasi ovunque, sono stati gli sciiti a essere discriminati – e spesso perseguitati sino alla morte – dai sunniti. Gli Stati dell’Arabia Saudita e di altri Paesi del Golfo governati dai sunniti considerano l’Iran, la regione che incarna il potere sciita, come la loro nemesi strategica. L’Arabia Saudita teme che l’Iran voglia regolare vecchi conti e cercare di togliere la custodia dei luoghi santi dell’Islam di Mecca e Medina al controllo sciita. Un conflitto tra Arabia Saudita e Iran sarebbe anche una lotta per le ricchezze petrolifere della Penisola Arabica e i patrimoni finanziari di piccoli Stati sunniti come il Kuwait e il Qatar.
L’ultima fonte di rischio, il cyberspazio, potrebbe presto oscurare le altre perché non c’è confine o esercito che possa arginarla. Tra le minacce possibili ci sono le violazioni dei sistemi bancari o di altre istituzioni che impediscono l’accesso ai servizi, l’accesso non autorizzato ai dati personali archiviati da banche, compagnie assicurative e agenzie governative, e lo spionaggio industriale. L’aumento dei furti tecnologici alle aziende americane ha portato alla conclusione di un accordo tra Cina e Usa in virtù del quale i due governi si impegnano a non approfittare o incoraggiare il furto di tecnologie alle aziende dell’altro Paese. La minaccia di malware a infrastrutture fondamentali come reti elettriche, sistemi che regolano il traffico aereo, oleodotti, forniture idriche, piattaforme finanziarie, è quella più spaventosa. Tanti i casi di malware rilevati ma non è detto che ne siano responsabili gli Stati: il malware può essere perpetrato da singoli individui o da altri attori, basta ingaggiare degli specialisti disponibili sul mercato sotterraneo internazionale.
Le armi cibernetiche costano relativamente poco (e pertanto sono accessibili) e capaci di arrivare ovunque; sono le armi del futuro per attaccare o ricattare avversari e non abbiamo la capacità di bloccare attacchi del genere o di individuarne con certezza le fonti.
Queste quattro fonti di rischio rappresentano uno scenario di sfide geopolitiche alquanto preoccupante. Lungi da me sminuire l’importanza di altre questioni come la politica monetaria americana, i prezzi bassi delle materie prime, le crisi del debito – che potranno investire l’economia globale nel 2016. Ma il tratto distintivo delle minacce provenienti da Russia, Cina, Medio Oriente e dal cyberspazio è che queste minacceranno il nostro futuro economico negli anni a venire.
(Traduzione di Francesca Novajra)