Il Sole 27.1.16
Chi è il presidente iraniano, formatosi nella città santa di Qom, «Vaticano dello sciismo»
Uomo di pulpito, penna e spada
di Alberto Negri
Chi
è davvero l’uomo che ha incontrato ieri Papa Francesco condividendo
«comuni valori spirituali»? Per conoscere Hassan Rohani bisogna andare a
Qom, la città di Fatima, un milione di abitanti e una settantina di
scuole teologiche: è un immenso seminario, con dozzine di istituti di
ricerca nei campi più svariati: filosofia, esegesi coranica, teologia
(anche cristiana) diritto, economia, sociologia. E ancora: sono almeno
cento le case editrici, con riviste in persiano e in inglese, a tutto
questo si aggiungono centri per l’informatizzazione delle monumentali
opere di islamistica, migliaia di libri e manoscritti e oltre 30 grandi
biblioteche, autentici templi del sapere.
Fu in questo “Vaticano
dello sciismo” che Hassan arrivò poco più che ragazzino. Il padre
Asadollah Fereydoun era un mercante che aveva il compito di raccogliere e
portare a Qom le tasse religiose per conto del Grande Ayatollah Hussein
Borujerdi, il maestro di Khomeini. Fu così che nell’estate del 1961
Asadollah portò con sé il figlio tredicenne Hassan per avviarlo alla
carriera clericale.
A soli quindici anni, spiega Rohani nella sua
autobiografia, partecipò alla rivolta del giugno 1963 contro lo Shah,
che portò alla ribalta Khomeini come capo incontrastato dell’opposizione
radicale. Furono anche questi avvenimenti che spinsero il giovane
Hassan a cambiare il proprio cognome originario da Fereydoun, un nome
pre-Islamico, a Rohani che in farsi significa “chierico”.
Non è
questo l’unico mistero del presidente iraniano che tiene molto riservato
il forte legame familiare che lo collega strettamente all’Italia. Più
nota a tutti è invece la ragione della sua ascesa popolare.
Nel
1977 Rohani finì sotto i riflettori del mondo clericale e della polizia
dello Shah in occasione della cerimonia di commemorazione di Mustafa
Khomeini, il figlio dell’ayatollah rivoluzionario deceduto a Najaf in
Iraq. Rohani salì sul pulpito per assegnare un nuovo titolo al grande
esiliato: quello di “Imam”, termine riservato nello sciismo soltanto ai
dodici successori riconosciuti del Profeta Maometto.
Ma le
sorprese non finiscono qui. Rohani non è solo uomo di penna e di pulpito
ma anche di spada. Comandante di plotone durante il servizio militare
sotto lo Shah, dopo la rivoluzione del 1979 verrà chiamato da personaggi
influenti come Alì Khamenei, l’attuale Guida Suprema, e Hashemi
Rafsanjani, a occuparsi della difesa dell’Iran. Rohani è incaricato
della riorganizzazione dell’esercito, decimato dalle epurazioni, E con
l’attacco dell’Iraq di Saddam Hussein nel settembre 1980, Rohani diventa
capo del conglomerato Khatam al-Anbiya, gestito dai Pasdaran, e della
Difesa aerea.
Poi c’è anche il Rohani agente segreto. Nel 1986 fa
parte del gruppo ristretto di funzionari che incontra a Teheran Robert
MacFarlane, ex consigliere per la Sicurezza di Ronald Reagan atterrato
nella capitale iraniana per vendere armi alla repubblica islamica in
cambio di fondi per sostenere le milizie anti-sandiniste dei Contra in
Nicaragua. È il famoso scandalo Iran-Contra. Rohani era favorevole allo
scambio, come riportano i documenti americani: ecco uno dei motivi
perché l’accordo sul nucleare e la cancellazione delle sanzioni si è
conclusa anche con uno scambio di prigionieri. Come ha detto ieri il
presidente iraniano in ogni scambio deve esserci sempre una soluzione
win-win, dove tutti devono guadagnare.