Il Sole 27.1.16
L’apertura del Papa: Iran fondamentale per la pace
Se
Roma è stata scelta come prima tappa dell’importantissimo tour europeo
di Hassan Rohani è certamente un riconoscimento al ruolo storico (e
attuale) dell’Italia. Ma certamente ha pesato in modo determinante il
programmato incontro con Papa Francesco (nella foto), passaggio
fondamentale per il nuovo corso di Teheran. Continua?pagina?6
di Carlo Marroni
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da pagina 1 Se infatti pr l’Iran il dividendo politico dell’intesa si
preannuncia molto ricco, per tutti, l’incontro «di vera sostanza» con il
Papa – come rileva una fonte d’Oltretevere – rappresenta lo
sdoganamento non tanto verso l’Occidente ma in una piattaforma mobile di
relazioni interreligiose che vanno molto oltre le geometrie variabili
della geopolitica, dove gli scenari cambiano rapidamente e in ogni fase
si cerca degli alleati per realizzare un fine determinato. E su questo
piano che si muove il Papa, e proprio grazie a questo approccio
“pastorale” contribuisce in modo determinante a grandi disegni, come nel
caso dell’accordo tra Usa e Cuba o a quello ormai prossimo tra Colombia
e Farc.
La Santa Sede da molto tempo ha un rapporto molto fecondo
con l’Iran, dove peraltro vive una delle più piccole realtà cattoliche
dell’area: poco più di 20mila fedeli, divisi tra tre diversi riti
liturgici (latini, caldei e armeni) e polverizzati nel mare musulmano
sciita di 70 milioni di persone, di cui il 50 per cento giovani. Eppure
il rapporto con il modo sciita è da tempo molto stretto, tanto che da un
anno e più dentro le mura c’è chi parla di “opzione sciita”. In realtà
c’è un lavoro soprattutto interreligioso, portato avanti in particolare
dal cardinale Jean Louis Tauran, abile diplomatico della vecchia scuola e
molto vicino a Francesco (che lo ha nominato pure Camerlengo), che da
molti anni guida appunto il dicastero de rapporto con le altre
religioni, Un anno fa è tornato a Teheran - c’era già stato nel 2001 - e
al suo ritorno parlò di «diversi modi di vivere l’islam. E in quelli
che incontro noto certamente una accresciuta sensibilità. L'ho
sperimentata ad esempio nel corso dei colloqui avuti con i responsabili
sciiti». La questione dei rapporti con l'Islam – di cui si occupa molto
anche la Comunità di Sant'Egidio, crocevia essenziale in queste partite
giocate tra politica e fede - è complessa e delicata, specie in questa
fase storica di terrorismo di nuova matrice che ha ricevuto e riceve
appoggi da ambienti vicini alle monarchie sunnite del Golfo e altri
attori dell'area. I cristiani in Siria e Iraq sono da tempo vittime di
una feroce pulizia etnica e quindi è un’urgenza favorire il rientro
dell'Iran all'interno di una dinamica diplomatica.
Il Papa,
assieme al suo ”primo ministro” cardinale Pietro Parolin, condannano la
violenza e cercano il dialogo, senza escludere nessuna opzione.
All'indomani della visita al Tempio Maggiore di Roma Bergoglio ha
ricevuto l'invito per la Grande Moschea di Roma: un visita di grande
significato, visto che in quell'occasione potrebbe avere contatti
ufficiali anche con esponenti dell'Arabia Saudita, regno con cui la
Santa Sede non ha rapporti diplomatici.
Una “pastorale”
planetaria, quindi, verso le altre religioni - ebrei e musulmani prima
di tutti - per ridare slancio ad uno “spirito di Assisi” che renda le
preghiere comuni atti permanenti di riferimento per i rispettivi fedeli.
Del resto anche Rohani, quando ieri davanti al mondo delle imprese ha
parlato della convivenza «una accanto all’altra» di chiese, sinagoghe e
moschee, ha dato uno spessore inatteso alla giornata davvero storica,
che lo ha visto varcare la soglia della cattolicità. C’è inoltre la
conferma del ruolo di leadership di Francesco in una fase storica in cui
peraltro i capi delle maggiori potenze stanno mostrando chiari segni di
difficoltà.
Nell’anno del Giubileo rancesco ridurrà di molto i
suoi viaggi - dopo la grande mobilità del 2015 - per concentrarsi sulla
missione spirituale. Ma ha deciso di andare in Svezia per celebrare i
500 anni della Riforma luterana: un segno di straordinaria attenzione
ecumenica verso gli altri cristiani, così come ha fatto verso i fratelli
ortodossi. Un altro tassello della sua “pastorale planetaria”.