Il Sole 24.1.16
Piazza Affari cade con le banche
Milano (-3,49%) peggior Borsa d’Europa: ondata di vendite sul comparto del credito
di Vito Lops
Ennesima
seduta da dimenticare per i mercati azionari in questo soffertissimo
2016. Piazza Affari ha registrato la peggiore perfomance tra i
principali listini con il Ftse Mib arretrato del 3,49% e pericolosamente
vicino alla soglia tecnica dei 18mila punti. Da inizio anno il passivo
della Borsa milanese è arrivato a -15%, segue la Borsa di Francoforte
che con il -2,44% di ieri cede nel complesso oltre 10 punti percentuali.
Sia
il listino italiano che quello tedesco sono stati caratterizzati dalla
vendita del comparto bancario, ma per motivi diversi. Gli investitori
fanno fatica a digerire la “bad bank all’italiana”, quella frutto
dell’accordo raggiunto nei giorni scorsi tra l’Unione europea e il
Tesoro (prevede la creazione di veicoli interni a ciascuna banca che a
sua volta impacchettano i crediti deteriorati in titoli derivati Abs da
collocare sul mercato e, di questi, solo quelli con un rating investment
grade potranno avere la garanzia dello Stato). Sono tanti ancora i
dubbi e tanto lo scetticismo di fondo sulla bontà dell’operazione tanto
che la stessa agenzia di rating Fitch (che avrà un ruolo chiave visto
che emetterà i rating, cioè i giudizi su titoli derivati Abs emessi
dalle società veicolo bancarie) ha commentato l’operazione come «Non
sufficientemente attraente, le banche ne faranno un uso limitato»
indicando inoltre che il meccanismo alla base «è troppo complicato» e
che pertanto «i tempi di realizzazione saranno molto lunghi». In più va
detto che il mercato in questo momento non ha tutti gli elementi per
valutare l’accordo. «Nonostante gli ultimi dettagli annunciati stamane
sui costi delle garanzie, manca ancora il parametro principale, ovvero a
che prezzo saranno ceduti i crediti deteriorati dalle banche ai singoli
veicoli - spiegano Vincenzo Longo, strategist di Ig -. Il tema è
tutt'altro che trascurabile . Un prezzo troppo basso rispetto al valore
nominale potrebbe richiedere ulteriori svalutazioni agli istituti che
hanno in bilancio questi crediti a valori superiori al 30% del loro
valore nozionale. Il tema è spinoso e complicato dal fatto che il prezzo
di questi crediti non è noto, dato che non esiste un mercato».
Non
è quindi difficile capire come mai per le banche di Piazza Affari
quella di ieri è stata una giornataccia, dalle big alle più piccole.
UniCredit ha perso il 6,4% e risulta ormai doppiata in termini di
capitalizzazione da Intesa Sanpaolo che pure ha perso il 5,8%. Banca Mps
(che ha chiuso il 2015 con 390 milioni di utile per effetto della nuova
contabilizzazione del derivato Alexandria imposta da Consob e che ha
dato un beneficio contabile di 500 milioni) ha ceduto il 7,8%, Banco
popolare e Ubi il 5,8%. Peggio ancora Banca popolare di Milano (-9,8%) .
Da inizio anno l'indice azionario delle banche accusa un tonfo di quasi
il 9% mandando in fumo oltre 25 miliardi di euro in termini di
capitalizzazione per le principali 10 banche quotate a Piazza Affari.
Le
banche tedesche sono invece state vendute per un altro motivo: Deutsche
Bank - che già nei giorni scorsi aveva lanciato un profit warning
preparando gli investitori alla trimestrale esibita ieri - ha chiuso il
2015 con una perdita di 7 miliardi, di cui 2,1 nell’ultimo quarto ma
soprattutto ha lanciato previsioni poco entusiasmanti per i prossimi
trimestri. Sulla Borsa di Francoforte il titolo ha chiuso in calo del
5,8%, trascinando al ribasso l’intero comparto del credito europeo
(indice di settore a -2,37%). Ma è andata addirittura peggio al comparto
auto europeo (-3,17%) con forti e generalizzate vendite su tutti i
titoli. Fca ha ceduto il 7,1%, Ferrari il 4,2%, Daimler il 2,9%,
Volkswagen il 2,6%.
Ha fatto eccezione il comparto energetico che
ha beneficiato del recupero del prezzo del petrolio con Brent del Mare
di Londra e Wti texano che nel corso della seduta hanno superato i 33
dollari al barile dopo che il ministro russo dell'Energia, Alexander
Novak, ha dichiarato che l'Arabia Saudita ha proposto un taglio della
produzione del 5% per ogni Paese produttore per sostenere le quotazioni.
L’Arabia Saudita ha smentito ma sul settore resta un’aspettativa in
questa direzione.