Il Sole 23.1.16
Il liquidatore di Banca Etruria: «Cda inerte di fronte al dissesto»
L’inchiesta
di Arezzo. Il curatore Santoni: in 9 mesi calo del patrimonio netto di
oltre il 65% - L’8 febbraio udienza del Tribunale sull’insolvenza
di Sara Monaci
MILANO
Il ricorso per la richiesta di insolvenza della “vecchia” Banca
Etruria, firmata dal liquidatore Giuseppe Santoni e depositata al
tribunale di Arezzo lo scorso 28 dicembre, prende in esame il calo del
patrimonio netto dell’istituto di oltre il 65% nel giro di 9 mesi. Calo
che non permetterebbe dunque, per Santoni, la prosecuzione di alcuna
attività.
I motivi di questa situazione vengono ricostruiti
facendo riferimento più volte al verbale della terza ispezione di
Bankitalia, quella che ha portato nel febbraio 2015 al commissariamento
di Banca Etruria: sofferenze e crediti deteriorati, i fidi concessi dal
cda agli stessi amministratori e compensi straordinari immotivati.
Santoni
riprende appunto il verbale ispettivo: «La pessima qualità del comparto
creditizio è la risultante delle marcate anomalie del processo di
gestione del credito già rilevate dalla vigilanza a luglio 2012 e di
nuovo stigmatizzate nell’ispezione terminata il 6-9-2013».
Nella
richiesta di insolvenza si ricorda che «durante il 2014 ci furono
rettifiche sui crediti complessive per circa 622 milioni... e gli organi
aziendali hanno affrontato con grave ritardo le principali criticità
rilevate nel corso delle precedenti ispezioni». La richiesta di Santoni
punta dunque sul fatto che il progressivo aggravarsi della situazione di
Banca Etruria sia stato affrontato con «l’inerzia degli organi di
governo della banca».
Il tribunale aretino deciderà a breve se
seguire l’indicazione del liquidatore o meno. La prima udienza per
decidere dell’insolvenza è fissata per l’8 febbraio. Decisione non senza
conseguenze: lo stato di insolvenza dovrà essere esaminato anche dalla
procura di Arezzo, che potrebbe decidere di passare all’accusa di
bancarotta fraudolenta (tecnicamente possibile solo, appunto, con un
decreto di insolvenza). L’inchiesta dunque potrebbe allargarsi e
aggravarsi notevolmente.
Il liquidatore ricorda anche un altro
elemento evidenziato dagli ispettori della Banca d’Italia, ovvero «il
grado di irrecuperabilità dei crediti deteriorati per 2,9 miliardi, pari
a circa il 40% del totale erogato, di cui sofferenze per 2 miliardi», a
cui si aggiungono «ulteriori esigenze di accantonamento per circa 200
milioni», che aggravano la situazione.
La richiesta riporta il
prospetto relativo al patrimonio netto al 30-9-2015, mettendo in
evidenza il calo dai quasi 66 milioni del 31 dicembre 2014 ai 22,5
milioni di fine settembre 2015 (-65,8%). Si spiega dunque che dalla
«valutazione emergono perdite complessive per 579,6 milioni».
Quindi
il liquidatore arriva alla conclusione che l’istituto di credito
aretino vada sottoposto a procedura d’insolvenza per «la riduzione
integrale delle riserve e delle azioni, tenendo conto delle perdite
accertate nel corso della gestione commissariale», considerando «la
cessione di azienda a un ente ponte e la successiva cessione dei crediti
in sofferenza dall’ente ponte ad una società veicolo per la gestione
delle attività».
Intanto ad Arezzo la procura ha dato alla Guardia
di finanza provinciale le deleghe per le indagini sul presunto reato di
truffa, relativamente alla vendita delle obbligazioni. Non ci sono
ancora indagati, ma da ieri si è cominciato a fare accertamenti sulle
prime filiali del territorio aretino. Gli inquirenti dovranno ora capire
se le vendite dei famigerati bond avvenivano per iniziative dei singoli
funzionari o dirigenti o per ordine aziendale.