sabato 23 gennaio 2016

Il Sole 23.1.16
Renzi: «Referendum decisivo» E snobba la minoranza del Pd
La direzione del partito. Il premier parla di Europa ed evita la replica finale eludendo i temi posti dalla minoranza su rischio «plebiscito» e Verdini
Cuperlo: sono interdetto
di Emilia Patta

ROMA «Sono interdetto». Così l’ex competitor di Matteo Renzi alle primarie del Pd Gianni Cuperlo commenta il fatto, inusuale, che il premier e segretario del partito - dopo un’ampia relazione iniziale in cui sono toccati un po’ tutti i tempi sul tappeto, dalla sfida all’Unione europea alle amministrative di giugno fino alle unioni civili - sceglie di non replicare alle osservazioni emerse durante un dibattito di due ore. Convinto che la battaglia urgente delle prossime settimane sia quella da condurre a Bruxelles (si vada pagina 6), il premier è per così dire un po’ stufo di dover ripetere sempre le stesse cose in un dialogo che appare tra sordi con la minoranza del Pd.
Che Denis Verdini, nonostante il suo appoggio alla riforma costituzionale appena varata dal Senato, non fa e non farà parte della maggioranza Renzi lo ha detto e ripetuto più volte. «Il Pd dovrebbe discutere di un nuovo ideale europeo - ribadisce - anziché occuparsi di partito della Nazione. È sull’Europa che vorrei sfidarvi ed essere sfidato». E i motivi che lo spingono a puntare tutto sul referendum confermativo di ottobre sulle riforme li ripete nuovamente dal palco della direzione: «Una sconfitta al referendum non si può affrontare dicendo “ho non vinto” - e qui il riferimento è alla “non vittoria” dell’ex leader Pier Luigi Bersani alle politiche del 2013 -. Una sconfitta al referendum segnerebbe fatalmente la mia esperienza. Il mio non è un tentativo di plebiscito ma etica della responsabilità». E resta fermo pure il rifiuto di Renzi di fare delle amministrative di giugno un passaggio politico per il governo. Il 6 marzo si terranno le primarie del Pd («a regole invariate, perché le regole non si cambiano a ridosso del voto») e chi vincerà se la batterà con gli avversari in ciascun comune. Si eleggono i sindaci, insomma non il capo del governo o il leader del partito. Quanto a Sel, sono loro che hanno deciso di rompere in molte città nel «tentativo di politicizzare il voto» contrapponendosi al Pd. «Noi - è la sfida di Renzi - dove abbiamo lavorato bene insieme confermiamo i sindaci uscenti anche se non sono del Pd, come nel caso di Zedda a Cagliari». Punto.
Eppure gli argomenti posti da Cuperlo nel suo intervento, insolitamente polemico anche nei toni, non sono di poco conto. No al plebiscito, perché il referendum non deve essere come dice Angelino Alfano la palestra per la futura alleanza di governo, con Ncd assieme al Pd e la sinistra di Sel dall’altra parte («nessuno pensi al referendum come base di future alleanza», «il compito del premier è unire e non fare plebiscito»). E poi l’affondo sul doppio ruolo di premier e segretario previsto dallo statuto veltroniano e da sempre nel mirino della minoranza: «Caro Matteo, sei in grado di fare il segretario?», è il j’accuse di Cuperlo che sottintende un Pd abbandonato a se stesso. La risposta è appunto nel vento. Della questione del doppio ruolo se ne occuperà, se la minoranza lo vorrà, il prossimo congresso previsto per la fine del 2017. E forse una prima risposta alla Renzi è l’illustrazione da parte di Andrea De Maria - uno della minoranza “dialogante”, ex sottosegretario ai rapporti con il Parlamento nel governo Letta e ora responsabile Pd della formazione - di “Classe democratica”, la nuova iniziativa di formazione del partito per 300 giovani under 35. Anche così si rinnova la classe politica, locale e nazionale.
Priorità Europa, dunque. Ma nei prossimi giorni Renzi dovrà anche chiudere il capitolo governo mettendo mano a quel “rimpastino” fin qui evitato. Ci sono da sostituire 3 viceministri (uno agli Esteri, probabilmente Enzo Amendola, e due allo Sviluppo economico, caselle per la quali si fanno i nomi di Teresa Bellanova e Luigi Casero, che verrebbe sostituito all’Economica da Enrico Zanetti di Sc). Intanto è lo stesso Renzi ad annunciare, o meglio confermare, un’importante novità: la nascita a Palazzo Chigi di una sorta di cabina di regia sui dossier economici guidata da Tommaso Nannicini, che diventerà sottosegretario alla Presidenza. Tra i primi dossier, il lavoro (non a caso della squadra farà parte tra gli altri Maurizio Del Conte, “estensore” del Jobs act). «L’obiettivo è arrivare a un Jobs act dei nuovi lavori», ha spiegato il premier.