giovedì 21 gennaio 2016

Il Sole 21.1.16
Accelera la fuga di capitali dalla Cina
di Andrea Franceschi

Ad ottobre dello scorso anno l’Institute of International Finance ha pubblicato un rapporto dedicato ai mercati emergenti stimando che, per la prima volta dal 1988, i capitali in uscita avrebbero superato quelli in entrata. La previsione dell’associazione dell’industria finanziaria era che il 2015 si sarebbe chiuso con un saldo netto negativo per 540 miliardi di dollari. Non sono passati neppure tre mesi da quando questo rapporto è stato pubblicato che lo stesso IIf è stato costretto a rivedere in peggio la loro iniziale stima. Dall’aggiornamento delle statistiche, pubblicato ieri sul sito dell’Iif, risulta infatti che il 2015 si chiuderà con un saldo negativo netto non di 540 ma di ben 735 miliardi di dollari.
Una discrepanza, quella tra le due stime, legata alla netta accelerazione della fuga di capitali dalla Cina nell’ultimo trimestre dell’anno. Un deflusso alimentato dai timori sulla crescità nella seconda economia mondiale e su una possibile svalutazione dello yuan (come puntualmente è stato deciso nelle prime settimane del 2016 dalla Banca centrale cinese). Calcola l’IIf che ben il 90% dei capitali in fuga dai mercati emergenti stimati per il 2015 sia da imputare alla sola Cina.
La revisione delle stime riguarda anche quelle per l’anno in corso. Se fino a tre mesi fa l’associazione stimava che quest’anno ci sarebbe stato un modesto recupero dei flussi di capitale sugli emergenti, nel rapporto pubblicato ieri viene invece previsto un saldo ancora negativo pari a 448 miliardi di dollari.
Questa stima peraltro si basa su assunti tutti da dimostrare. Ad esempio che il Pil dei Paesi emergenti quest’anno registri un’accelerazione dal +3,6% del 2015 al +4%, oppure che il prezzo del petrolio risalga dai minimi di questi giorni per attestarsi a quota 46 dollari al barile o, infine, che la Fed decida di mettere in atto solo due rialzi dei tassi di interesse quest’anno.
Certo ad oggi le quotazioni dei mercati azionari e obbligazionari dei Paesi emergenti trattano a forte sconto rispetto a quelli dei mercati sviluppati. «Non è escluso quindi - fa notare Hung Tran, executive managing director dell’IIf - che questo possa essere un incentivo per gli investitori in tutto il mondo per riposizionarsi su queste asset class favorendo così una ripresa dei flussi. Una strategia che tuttavia dovrà tenere conto di un contesto caratterizzato da fondamentali deboli e alta volatilità dei mercati».
Un assaggio di questa volatilità si è peraltro avuto proprio in queste prime settimane dell’anno caratterizzate da grande incertezza sull’andamento della crescita cinese e sulle possibili ripercussioni a livello globale. Dall’ultimo sondaggio tra gli investitori condotto da BofA Merryl Lynch risulta che la frenata dell’economia cinese e il problema dei debito dei Paesi emergenti figurano al primo posto trai fattori di rischio più temuti in questa fase.