Il Sole 20.1.16
Cassazione. L’istituto «paga» i mancati controlli anche se il cliente non blocca la carta
Truffa al Bancomat? La banca è responsabile
Ininfluente se il Pin è digitato in presenza di sconosciuti
di Patrizia Maciocchi
Roma
La banca deve garantire la sicurezza del servizio bancomat per le
manomissioni di terzi, anche quando il titolare della carta non la
blocca immediatamente e non fa attenzione a nascondere il Pin quando lo
digita. La Cassazione, con la sentenza 806, ribalta un doppio verdetto
sfavorevole al ricorrente, riconoscendo la fondatezza dei suoi motivi.
Il
correntista della banca aveva tentato di eseguire un prelievo bancomat
ma l’apparecchio, dopo aver trattenuto la carta, aveva visualizzato la
scritta «carta illeggibile» seguita da «sportello fuori servizio». Un
inconveniente che il cliente aveva segnalato al vicedirettore della
filiale, che lo aveva invitato a passare il giorno dopo; consiglio
seguito, senza però rientrare in possesso della carta, che non era stata
trovata. Trascorsi un paio di giorni il correntista si era accorto che
dal suo conto erano stati prelevati circa 7mila euro, un “salasso” del
quale aveva messo al corrente per iscritto il funzionario, aspettando
però ancora 24 ore prima di denunciare il tutto all’autorità
giudiziaria.
Per il Tribunale e per la Corte d’appello, il cliente
è il solo responsabile di quanto accaduto. Lo “sprovveduto” correntista
era stato vittima di una truffa da parte di uno sconosciuto che aveva
prima manomesso il bancomat, poi si era avvicinato al ricorrente in
difficoltà e con la scusa di aiutarlo aveva memorizzato il codice. Per i
giudici di merito, a fronte di un comportamento così poco accorto -
aggravato dal mancato blocco della carta - la banca non aveva colpe.
Di
parere diverso la Cassazione, secondo la quale l’istituto di credito è
venuto meno al suo dovere di diligenza professionale (articolo 1176,
secondo comma del Codice civile). Il vice direttore che ha raccolto la
denuncia sul cattivo funzionamento del bancomat, invece di mettersi in
allarme per la sottrazione della carta da parte dello sportello, ha
rimandato il controllo al giorno successivo. Presenta profili di
colpevolezza anche l’omessa verifica, attraverso il circuito delle
telecamere, della manomissione del dispositivo da parte di terzi.
Elementi che la Corte d’appello non doveva sottovalutare.
La
Cassazione ricorda che in una caso come quello esaminato, a fronte di
un’esplicita richiesta della parte, i giudici dovevano verificare che
l’istituto bancario avesse adottato tutte le misure idonee a garantire
la sicurezza. Per la Suprema Corte, «la diligenza posta a carico del
professionista ha natura tecnica e deve essere valutata tenendo conto
dei rischi tipici della sfera professionale di riferimento e assumendo
quindi come parametro la figura dell’accorto banchiere».
Il Codice
civile non precisa la misura della diligenza nelle obbligazioni
relative all’esercizio di un’attività professionale: la valutazione, di
carattere tecnico, va commisurata alla natura dell’attività e, in
particolare, all’obbligo di custodia di uno strumento che è esposto al
pubblico ed eroga denaro. La Corte d’appello dovrà ora tenere conto non
solo di ciò che l’istituto non ha fatto, come il mancato esame delle
telecamere, ma anche di ciò che ha fatto sbagliando, come l’ambigua
indicazione di tornare il giorno dopo senza consigliare l’immediato
blocco della carta. Inoltre, la Corte aveva trascurato del tutto la
questione di prelievo di molto superiore al plafond contrattuale: 7mila
euro a fronte dei 2.500 consentiti.