Il Sole 20.1.16
La «questione» polacca divide Strasburgo
di B.R.
Strasburgo
Le recenti controverse decisioni del governo polacco relative al
funzionamento della Corte costituzionale o alla nomina dei dirigenti
della radio e televisione pubblica sono state oggetto di un acceso
dibattito ieri nel Parlamento europeo riunito in sessione plenaria qui a
Strasburgo. Il confronto è stato tra le diverse forze politiche più che
tra i deputati e la premier polacca Beata Szyd?o, a conferma di come la
questione stia contribuendo ad avvelenare le relazioni in Europa.
In
un lungo discorso dinanzi ai deputati, la signora Szyd?o ha voluto
difendere le politiche del suo paese e rassicurare che la Polonia non ha
alcuna intenzione di tradire i principi costituzionali europei: «I
cambiamenti che vogliamo introdurre nella legislazione polacca sono
dettati dal cambio democratico di governo avvenuto dopo le elezioni
dell’ottobre del 2015 (…) Il mio paese è parte dell’Unione esattamente
come qualsiasi altro paese europeo. Ve lo assicuro».
«La Polonia è
un paese democratico, che considera molto seriamente la Costituzione e
la legge», ha aggiunto la premier polacca, nominata nelle scorse
settimane alla guida del governo per volontà di Jaros?aw Kaczyski, padre
padrone del partito nazionalista e conservatore Diritto &
Giustizia che ha vinto le ultime elezioni legislative in Polonia. Il
nuovo governo ha introdotto controverse modifiche nel funzionamento
della Corte costituzionale e nella nomina dei responsabili dei media
pubblici.
Nel suo discorso la signora Szyd?o ha soprattutto
insistito sulle modifiche introdotte nel tribunale supremo. Queste
prevedono che la Corte costituzionale, forte di 15 giudici, debba
deliberare con una maggioranza dei due terzi e la presenza di almeno 13
magistrati. La premier ha spiegato che la scelta è avvenuta dopo che il
precedente governo aveva fatto approvare una legge poi considerata
incostituzionale. Ha sottolineato che 8 dei 15 giudici devono essere
nominati dall’opposizione.
La Commissione europea ha deciso di
verificare con mano ex articolo 7 dei Trattati il rispetto in Polonia
dello stato di diritto (si veda Il Sole/24 Ore del 14 gennaio). Agli
occhi di molti, i dubbi più legittimi riguardano le modifiche al
funzionamento della Corte. La questione dei media pubblici appare più
ambigua, anche perché in molti paesi il governo tende a influenzare il
lavoro della radio e della televisione statali. A questo proposito, la
signora Szyd?o ha sostenuto che “principi simili” sono applicati in
Italia.
Dal dibattito sono emerse evidenti spaccature. La Polonia
ha ricevuto l’appoggio dei parlamentari più nazionalisti. Syed Kamall,
un conservatore inglese, ha definito “offensivi” i commenti del
presidente del Parlamento europeo Martin Schulz, che in una intervista
ha parlato della “putinizzazione” della Polonia, riferendosi alle
politiche di Vladimir Putin in Russia. Il nazionalista polacco Robert
Iwaszkiewicz ha paragonato la scelta della Commissione alle decisioni
governative in Unione Sovietica.
Sul fronte opposto, il socialista
italiano Gianni Pittella ha approvato la decisione della Commissione di
aprire una procedura, e ha sottolineato che l’Unione «non è un
matrimonio di convenienza, né un capro espiatorio». Il liberale belga
Guy Verhostadt ha avvertito che con le sue scelte Varsavia rischia di
spaccare l’Unione e fare il gioco della Russia «che non vuole l'unità
europea». L’ex premier ha chiesto alla premier se applicherà il giudizio
atteso dal Consiglio d’Europa, ma senza ricevere risposta univoca.
Ieri
sera qui a Strasburgo la vicenda polacca ha messo in luce la difficoltà
da un lato di valutare oggettivamente scelte politiche e dall’altro di
perseguire nel caso rimproveri o sanzioni in una unione di stati
sovrani. Lo stesso Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo ed ex
premier polacco del partito Piattaforma Civica oggi all’opposizione, ha
ammesso che Bruxelles nell’aprire una procedura per verificare lo stato
di diritto in Polonia avrebbe potuto scegliere “altri metodi” nei
confronti di Varsavia.