Il Sole 16.1.16
Caccia italiani in copertura sulla Libia
Dislocati nella base di Trapani Birgi quattro cacciabombardieri Amx
Mediterraneo. La decisione per aumentare la capacità di sorveglianza in vista della prossima intesa sul governo
di Gerardo Pelosi
ROMA
L’Italia non sembra affatto disposta a cedere ad altri Paesi come
Francia o Regno Unito la leadership della crisi libica. Sia sul fronte
diplomatico che su quello strettamente militare il Governo ritiene di
avere tutte le carte in regola per governare il processo di
stabilizzazione del Paese e guidare la futura missione internazionale.
Sta di fatto che la nostra Aeronautica ha dislocato ieri nella base di
Trapani Birgi quattro cacciabombardieri Amx di stanza ad Istrana per
incrementare, nell’ambito dell’operazione “Mare sicuro”, la capacità di
sorveglianza e l’acquisizione di informazioni nell’area del Mediterraneo
centrale. La decisione è maturata «in seguito ai recenti sviluppi
nell’area dei Paesi del Nord Africa e del conseguente deterioramento
delle condizioni di sicurezza» anche dopo le ultime minacce di Al Qaeda
contro l’Italia accusata di avere «occupato» militarmente Tripoli.
La
mossa italiana arriva dopo alcuni giorni in cui numerosi aerei
francesi, inglesi ed egiziani da giorni stanno perlustrando lo spazio
aereo libico. In alcuni casi Rafale egiziani, riforniti da aerei
cisterna francesi partiti dalla base di Istres , hanno neutralizzato
alcuni obiettivi Isis. I “caccia” italiani sono pronti a partire anche
solo per illuminare i bersagli da colpire come stanno facendo da mesi i
quattro Tornado di stanza nel Kuwait che operano in Iraq. Ma non si
tratta di azioni imminenti come ha tenuto a precisare il ministro degli
Esteri, Paolo Gentiloni in un’intervista al giornale francese Le Figaro.
Secondo il capo della nostra diplomazia nessuna azione militare «è
all’ordine del giorno nè oggi nè domani perché farlo equivarrebbe ad
ammettere che gli sforzi dei libici sono falliti». Se dovessimo
intervenire contro il terrorismo, ha spiegato il capo della Farnesina,
«vorremmo farlo su richiesta di un governo libico, per sostenerlo». Ma
la creazione di una coalizione contro l’Isis in Libia, sul modello di
quella che opera in Iraq e Siria, sarebbe inevitabile, secondo
Gentiloni, se dovesse fallire l’intesa promossa dall’Onu per un governo
di unità nazionale. Ma per l’inviato Onu Martin Kobler ci sono 8
possibilità su 10 che il governo veda la luce.
Martedì prossimo la
Farnesina ospiterà una riunione di funzionari ad alto livello sulla
Libia che già si prefigura come un embrione di “gruppo di contatto”.
All’incontro parteciperanno due vicepremier del Consiglio presidenziale,
il generale Abdul Rahman Al Taweel che guiderà il nuovo Comitato
transitorio per la sicurezza composto da 18 membri e che avrà come
interlocutore il generale italiano Paolo Serra, consigliere militare
dell’inviato Onu Martin Kobler, e i rappresentanti di ventuno tra
organizzazioni internazionali (Onu, Ued, Unione africana) e Paesi come
Stati Uniti, Francia, Germania, Spagna, Qatar, Emirati, ossia tutti
quelli che hanno preso parte al vertice di Roma del 13 dicembre che ha
aperto la strada all’accordo poi raggiunto a Skhirat.
Il lavoro
diplomatico per la formazione del nuovo governo di unità nazionale
prosegue a Tunisi nella missione Onu. Non mancano difficoltà emerse
anche ieri quando due vicepremier del Consiglio presidenziale hanno
contestato la decisione del premier designato Fayez al-Sarraj di
nominare ben 22 ministri e in particolare tutti quelli con portafoglio
economico. Un compromesso sembra si sia trovato, alla fine, con la
possibilità di nominare direttamente non più di due, tre ministri.