giovedì 14 gennaio 2016

Il Sole 14.1.16
Il rinvio sulle unioni civili e i timori di Renzi sui consensi popolari
di Lina Palmerini

Un’accelerazione sulla riforma costituzionale e un rinvio sulle unioni civili. Queste sono state, in estrema sintesi, le novità politiche di ieri. Naturalmente su entrambi i fronti sono state molto vivaci le polemiche in Senato così come resta vivace l’area di dissenso nella maggioranza sul disegno di legge che regolamenta la vita delle coppie omosessuali. Legge sacrosanta e vuoto colpevole nella legislazione italiana ma nonostante il ritardo rispetto a tutti i principali paesi europei, a Palazzo Chigi si sceglie la strada della prudenza, del rinvio, della cautela. Esattamente il contrario di ciò che è avvenuto sulle riforme istituzionali su cui Matteo Renzi è andato avanti anche a strattoni, mettendo voti di fiducia, spaccando il partito senza preoccuparsene. E ora invece? Come mai tanta preoccupazione a non creare divisioni?
Il sospetto è che al premier manchi su questo tema uno slogan efficace da comunicare al Paese. Che non sappia, cioè, come raccontare alla società la scelta di dare uguali e legittimi diritti alle coppie omosessuali affrontando anche il nodo spinoso dell’adozione del figlio del partner.
Il dubbio nasce dal fatto che finora ogni volta che Renzi è stato convinto che una misura fosse popolare e facilmente veicolabile mediaticamente è andato avanti come un carro armato. Sulle unioni civili invece si muove col passo felpato, con le parole misurate, con l’attenzione di chi teme di rompere la cristalleria di casa. Ammette la libertà di coscienza dei parlamentari sul voto ma quello che teme non è alla Camera o al Senato ma piuttosto fuori, nelle reazioni tra gli italiani. Nonostante ora non ci sia più il Vaticano del cardinal Ruini ma una Chiesa che rimpiange i “Dico” (tentativo di legge all’epoca del Governo Prodi poi fallito) e ammette le unioni purché differenziate dal matrimonio, resta il freno di Renzi. Che poi è il timore di perdere consenso popolare. E questo è tanto più singolare che accada a un premier che ha appena 40 anni e che quindi anagraficamente rappresenta un pezzo di società che ha molta più disinvoltura nel trattare temi come l’omosessualità. È come se il premier non sapesse come tradurre un impegno del Pd a fare la legge in un slogan popolare più forte di quello del family day che ci sarà proprio alla fine di questo mese.
Se davvero il problema è cercare il messaggio giusto con cui spiegare agli italiani questa legge, una lezione utile gli arriva da Barack Obama. Proprio all’inizio dell’anno il presidente americano si è trovato alle prese con una legge altrettanto o forse più spinosa da far passare nel suo Paese: la limitazione dell’uso delle armi. Un grande totem americano su cui poggiano convinzioni popolari ma anche i solidi interessi delle lobbies ma Obama ha scelto una strada mediaticamente molto efficace: il racconto di storie vere, di bambini morti a causa di un uso improprio di armi. Raccontava e piangeva e la foto delle sue lacrime è stata sulle prime pagine di tutti i giornali del mondo. Non che Renzi debba piangere sulle unioni gay ma la scelta comunicativa americana dimostra che quando è difficile scalfire le abitudini mentali di un popolo, più facile è parlare attraverso le emozioni, il racconto di vite vissute come sono quelle di coppie omosessuali di italiane e italiani costrette a diritti “minori”. Un danno che non si giustifica soprattutto se dietro c’è un calcolo cinico di consenso popolare e sondaggi di gradimento.