Il Sole 14.1.16
Sprint sulle riforme tra le proteste
Ddl
Boschi. Voto a Palazzo Madama il 20 gennaio - Ritirata la mozione di
sfiducia alla Camera, sarà votata a Palazzo Madama il 26
Scontro sul calendario al Senato - Le opposizioni denunciano lo «scambio» sui presidenti di commissione
di Emilia Patta
ROMA
Prima il secondo e ultimo voto del Senato sulla riforma costituzionale,
il cui via libera è previsto il 20 gennaio. E solo dopo, il 21 gennaio,
il rinnovo delle presidenze delle commissioni previsto a metà
legislatura e già slittato a settembre. Questo il calendario deciso ieri
dalla capigruppo di Palazzo Madama e confermato dal voto dell’Aula dopo
un aspro dibattito durato ore. La stretta sul Ddl Boschi voluta da
Matteo Renzi e dalla maggioranza, anche se comunque si dovrà attendere
il 12 aprile per l’ultimo voto da parte della Camera, ha fatto infatti
salire sulle barricate tutte le opposizioni. E l’accusa è corale, dal
Movimento 5 stelle a Sinistra italiana-Sel fino a Forza Italia e alla
Lega: il governo vuole rabbonire la maggioranza con la promessa di
qualche presidenza e vicepresidenza di commissione per mettere in
sicurezza il voto sul Ddl Boschi, voto che essendo quello definitivo
deve avvenire con la maggioranza assoluta dei componenti dell’assemblea:
161 sì, che visti i margini risicati in Senato anche dopo la nascita
del gruppo Ala di Denis Verdini. Non solo, «il baratto» se non il
«mercimonio» di cui parlano i senatori dell’opposizione è ai loro occhi
ancora più pesante se si considera che il rinnovo delle presidenze di
commissione è strettamente legato al completamento della squadra di
governo che seguirà a stretto giro, probabilmente entro i primi giorni
di febbraio.
Di certo Renzi e il governo vogliono chiudere il
prima possibile la partita riforme in Senato per avviare di fatto la
campagna referendaria, dal momento che l’ultimo passaggio alla Camera di
metà aprile è scontato visti i larghi numeri di cui dispone lì la
maggioranza. E quindi è bene tenere fuori dalla riforma della
Costituzione le fibrillazioni che dovessero esserci all’interno della
maggioranza su altri fronti, unioni civili comprese. Il Ddl Cirinnà,
infatti, slitta a sua volta dal 26 al 28 gennaio anche per trovare una
difficile quadra sul nodo della stepchild adoption, alla quale comunque
il premier non vuole rinunciare: si tratta, semmai, sull’introduzione di
paletti più forti sul divieto dell’utero in affitto. Il 26 gennaio si
voterà invece la mozione di sfiducia presentata dalle opposizioni contro
l’intero governo sulla questione banche: una decisione, quella di
votare la mozione in Senato dove i numeri sono più a rischio, che ha
comportato di riflesso il ritiro della mozione di sfiducia presentata
alla Camera e che era già stata calendarizzata per martedì prossimo, 19
gennaio. Quanto al rinnovo delle presidenze di commissione, già oggi il
capogruppo dei senatori dem Luigi Zanda dovrebbe incontrare il premier e
segretario del Pd per fare il punto. La linea è quella di confermare,
come già avvenuto alla Camera, i presidenti della maggioranza e di
sostituire solo i due di Fi: Giustizia e Lavori pubblici. La prima
dovrebbe andare ad un centrista (si parla di Nico D’Avola), mentre la
commissione Lavori pubblici dovrebbe andare ad un democratico (si fa il
nome di Stefano Esposito).
Renzi commenta indirettamente da
Palazzo Chigi, dove è impegnato nella firma del protocollo di intesa tra
Palazzo Chigi e Intesa San Paolo (si veda pagina 8): «Non dobbiamo
mollare neanche un minuto. Se un anno fa avessimo mollato sulle riforme o
sul jobs act il Paese sarebbe messo peggio». Intanto, a riprova che il
governo non molla «neanche un attimo» sulle riforme, si apre già la fase
per così dire attuativa della riforma costituzionale ancora in itinere:
la ministra Maria Elena Boschi - nel corso di un’audizione nella
commissione bicamerale per le questioni regionali - ha affrontato la
questione del superamento della Conferenza Stato-Regioni quando la
riforma del Senato entrerà in vigore. «Al nuovo Senato è stata assegnata
in modo principale ed esclusivo la funzione di raccordo tra Stato e
Regioni e il nuovo Senato conserverà anche poteri legislativi
importanti. È che chiaro che il nuovo ruolo del Senato comporterà il
superamento della Conferenza».