il manifesto 9.1.16
La bolla cinese si avvicina
Mercato
globale. Le otto pesanti crisi finanziarie nel ventennio 1987-2007 non
hanno cambiato le regole delle borse e della finanza ombra
di Tonino Perna
La
Borsa di Shangai ha chiuso con un timido rimbalzo positivo (1,98 %),
nettamente inferiore alle perdite degli ultimi due giorni (- 15%), con
una perdita di circa il 40 per cento rispetto al picco dei primi di
giugno con l’indice generale arrivato a quota 5.100. Nel corso del 2015
aveva già subito due crolli, di cui quello di fine estate
particolarmente pesante. In quel 24 agosto la Borsa di Shangai registrò
un crollo dell’8,5 per cento, poi del 7.6 per riprendersi solo dopo un
massiccio intervento della Banca Centrale cinese.
La
People’s Bank of China intervenne pesantemente: tagliò i tassi
d’interesse attivi e passivi, diminuendo le riserve obbligatorie delle
banche, ed immettendo direttamente sul mercato finanziario 30 miliardi
di dollari , con operazioni di mercato aperto. Operazione analoga è
avvenuta in questi giorni e con molte probabilità il Q.E. (Quantitative
Easing) cinese continuerà nel disperato tentativo di salvare le Borse ed
evitare che la fuga dei capitali dalla Cina diventi un fiume. Ma, ed è
questo che è davvero interessante, ogni volta che la Borsa di Shangai
subisce un colpo le altre Borse che contano – Tokyo, N.Y, Londra ecc–
tremano e lanciano un segnale preciso: ci stiamo avvicinando al Grande
Crollo, come J.K Galbraith definì in un suo famoso saggio la crisi del
’29.
Tutte le spiegazioni che si danno di
volta in volta di fronte ad un tonfo delle Borse a livello mondiale
contengono certamente un quid di verità , ma non tengono conto del fatto
che “strutturalmente” questo modello della finanza va incontro a crac
periodici e sempre più pesanti, a turbolenze finanziarie sempre più
frequenti.
Nel solo ventennio 1987/2007 ci
sono state otto crisi finanziarie pesanti, che hanno provocato
fallimenti e danni all’economia reale, senza che sia cambiato niente
nella regolazione delle Borse e della finanza “ombra”. Siamo passati dai
20.000 miliardi di dollari scambiati nel 1992 ad un flusso finanziario
che già nel 2010 aveva superato gli 800mila miliardi di dollari e
continua a salire.
Ma, ai primi segnali di
frenata nella immissione di liquidità nel sistema (come è avvenuto
adesso quando la Fed ha alzato i tassi d’interesse) i grandi gruppi
finanziari hanno pensato che è arrivato il momento di passare
all’incasso, di realizzare i surplus artificialmente creati e hanno
deciso di premere sell nei computer che contano. I piccoli e medi
risparmiatori non hanno fatto altro che seguirli secondo la nota legge
dello sciame, che grazie ad Internet si è straordinariamente rafforzata,
trascinando i titoli delle Borse di tutto il mondo verso il basso.
Come
scriveva GK Galbraith risparmiatori e governi hanno la memoria corta:
dopo un primo shock che produce tanti buoni propositi, non cambia
niente, anzi la situazione peggiora. Il sistema della finanza mondiale è
ormai sfuggito di mano a tutti i governi ed istituzioni internazionali.
E’ dal tempo di F.D. Roosevelt , quando nel 1933 emanò il
Glass-Steagall Act, che non c’è stato più nessun governo dei paesi
industrializzati capace di mettere un freno e dei paletti alla finanza
speculativa. Anzi, da Reagan a Bush, a Clinton, sono state eliminate
tutte le forme di regolazione introdotte da Roosevelt.
Quello
che colpisce è il fatto che anche uno Stato forte come quello cinese,
un governo monolitico che programma investimenti e strategie a lungo
termine, che è riuscito in vent’anni a trasformare la Cina da paese del
terzo Mondo in prima potenza industriale e prima economia (Pil in
termini di potere d’acquisto) del mondo, non riesca a regolamentare il
suo mondo della finanza.
Come e peggio delle
altre potenze occidentali la Cina è caduta nella trappola della finanza
e dell’indebitamento infinito, gode ancora di notevoli risorse
finanziarie in valuta straniera (oltre 3000 miliardi di dollari), ma la
sua economia reale rischia di essere travolta dalle fluttuazioni giganti
della finanza. E se la Cina, che ancora trascina l’economia mondiale
con i suoi alti tassi di crescita, precipita nel vuoto si tira appresso
tutto il resto dell’economia mondiale. E’ il bello della
globalizzazione!
Come uscirne e non restare
spettatori bolliti di fronte ad una catastrofe annunciata ? Credo che
oggi sarebbe molto utile prendere in mano l’ultimo libro di Luciano
Gallino “Il Denaro, il Debito e la Doppia Crisi”, che coraggiosamente
prova a rispondere alla domanda nell’ultimo paragrafo del suo saggio : «
Se la politica la fa il capitale, come si può far politica per opporsi
al capitale ?».