il manifesto 9.1.16
Palestinesi tra Israele, Anp e Hamas
Territori
occupati. Netanyahu parla di una Autorità nazionale palestinese vicino
al crollo e di Israele pronto ad intervenire. Abu Mazen nega e annuncia
riunione dell'Olp sulla cooperazione di sicurezza con lo Stato ebraico.
Sullo sfondo il malcontento della popolazione palestinese contro i
governi dell'Anp in Cisgiordania e di Hamas a Gaza
di Michele Giorgio
Siamo
di fronte al periodico, quasi rituale, allarme sul “crollo imminente”
dell’Autorità nazionale palestinese oppure a una situazione concreta di
dissolvimento dell’entità amministrativa nata nel 1994 dagli Accordi di
Oslo che controlla, è bene ricordarlo, appena il 15% della Cisgiordania.
La questione si è riproposta in questi giorni, segnati da altri morti e
feriti nei Territori occupati. Giovedì quattro palestinesi sono stati
uccisi. Avrebbero tentato di pugnalare alcuni militari ma foto che
girano in rete sembrano smentire, almeno in un caso, questa versione
perchè uno degli uccisi appare a terra prima disarmato e poi con un
coltello in mano. A scuotere le fondamenta dell’Anp sono i sussulti
causati dall’Intifada dei giovani contro l’occupazione – circa 140 i
morti palestinesi, oltre 20 quelli israeliani — uniti alla frustrazione
della popolazione palestinese nei confronti della cooperazione di
sicurezza con Israele. Senza dimenticare che il costo della vita e la
disoccupazione penalizzano un numero crescente di giovani e le loro
famiglie. Anche il governo di Hamas a Gaza sta affrontando un
significativo calo di consenso a conferma della crisi che attanaglia nel
suo complesso la leadership politica palestinese. Peraltro a Gaza, come
accade in Cisgiordania, il dissenso è sempre meno tollerato. Lo
dimostra l’arresto nei giorni scorsi del giornalista Ayman Alloul (per
alcuni post su Facebook) e del giovane attivista Ramzi Herz Allah.
A
lanciare l’allarme sulla stabilità dell’Anp è stato il primo ministro
israeliano Netanyahu, colui che non poco ha fatto in questi anni per
indebolire e delegittimare l’Anp e il suo presidente Abu Mazen sul
terreno e sulla scena internazionale. Lunedì scorso Netanyahu ha detto
che Israele deve prepararsi alla possibilità di un crollo dell’Autorità
nazionale palestinese. «Dobbiamo evitare, se possibile, il collasso
dell’Anp ma, allo stesso tempo, prepararci nel caso che accada», ha
detto, secondo due alti funzionari citati dalla stampa israeliana. Negli
ultimi 10 giorni, sempre secondo i media locali, il gabinetto di
sicurezza israeliano, sulla base di informazioni di intelligence,
avrebbe tenuto più di una riunione sulla stabilità dell’Anp. E sono
circolare voci di un Abu Mazen gravemente ammalato. L’altra sera il
presidente palestinese è intervenuto in diretta tv per smentire la
fragilità dell’Anp e la sua salute precaria. Ha quindi annunciato che
l’Olp, mercoledì prossimo, deciderà se continuare la cooperazione di
sicurezza con Israele.
Questa uscita
pubblica non ha placato le indiscrezioni, anzi ha contribuito ad
alimentare tra i palestinesi il dibattito sul ruolo e il peso di un
presidente che ha concluso nel 2009 il suo mandato e che resta al
potere, sull’assenza di prospettive di nuove elezioni legislative e
presidenziali (le ultime furono dieci anni fa), sulla successione e
sulla frattura tra Anp e Hamas che limita le possibilità di elaborare
una piattaforma politica unitaria da opporre all’occupazione e alle
politiche di Israele. Temi che si aggiungono al malcontento per il ruolo
dei servizi di sicurezza dell’Anp volto ad impedire una adesione
popolare e massiccia all’Intifada che si è manifestata, almeno sino ad
oggi, quasi sempre con atti individuali. Abu Mazen denuncia le politiche
di Israele ma si oppone a una “Intifada diffusa”. Teme le reazioni del
governo Netanyahu e l’opportunità che l’insurrezione potrebbe offrire ad
Hamas di entrare da protagonista anche sulla scena cisgiordana dove già
gode di un significativo sostegno sotterraneo.
«Ci
sono due spiegazioni a questa improvvisa preoccupazione, se così
vogliamo definirla, di Israele per le sorti dell’Anp e di Abu Mazen»,
dice al manifesto l’analista Ghassan al Khatib, docente all’università
di Bir Zeit «si tratta prima di tutto di un ammonimento. Netanyahu, che
segue con rabbia le iniziative di Abu Mazen all’Onu e in campo
internazionale, fa capire che Israele è pronto a intervenire, in ogni
forma, In seconda battuta è possibile che i suoi servizi segreti
guardino con timore all’indebolimento dell’Anp e, di conseguenza, alla
fine della cooperazione di sicurezza. Non dimentichiamo che il crollo
dell’Anp vorrebbe dire per Israele anche un impegno diretto economico e
amministrativo nei confronti di milioni di palestinesi sotto
occupazione». Secondo al Khatib l’Anp non è più fragile di qualche mese
fa ma la sua esistenza oggi più di prima è legata alla presenza di Abu
Mazen. «Dovesse venire a mancare all’improvviso, per qualsiasi motivo,
il suo presidente, al quale non pochi palestinesi riconoscono ancora
legittimità, emergerà a mio avviso la precarietà dell’Anp – prevede
l’analista — perchè tutti sanno che non ci saranno elezioni
presidenziali, a causa della frattura tra Anp e Hamas e
dell’impossibilità di riunire il Parlamento. La successione potrebbe
trasformarsi in una agguerrita lotta per il potere tra persone non
elette che getterebbe nel caos l’Anp e la Cisgiordania».