sabato 30 gennaio 2016

il manifesto 30.1.16
Passeggiate tra le leggende dell’Appia
Mappe. Un'app sulla Regina Viarum, commissionata dalla Soprintendenza archeologica di Roma, che è molto più di un'audio-guida. Per camminare tra la storia, racconti letterari e cinematografici
di Federico Gurgone

Nel corso delle ricognizioni del 1999, quando fervevano i lavori per l’imminente Giubileo, al quarto miglio della Regina Viarum furono scoperti due tubi di piombo, interrati con cura presso il Sepolcro Dorico. La data incisa sul metallo, 30 settembre 1929, tolse all’istante ogni dubbio circa il contenuto. Problemi sempiterni e contemporanei, non storia antica: una sfortunata corrispondenza amorosa. «L’amante infelice avrebbe bruciato le sue lettere, se avesse voluto semplicemente distruggerle», assicura Rita Paris, direttrice dei monumenti archeologici della via Appia, quasi giustificandosi per la sua curiosità di studiosa. «I plichi erano sigillati ad arte, per evitare che gli agenti atmosferici ne compromettessero il messaggio».
L’Appia, al di là di se stessa, è una fucina di incanti mitopoietici: dalle origini del cristianesimo, all’epoca d’oro del cinema romano. Senza dimenticare le Olimpiadi del 1960, le verità e i miti del Medioevo. E le storie d’amore. Private e anonime. Nel 1929, la prima consolare non era stata ancora aggredita dai gangster, coloro che le avrebbero tolto perfino la voce. «Immagino l’incedere sofferente di un uomo solo, che proprio qui pensò di affidare il suo testamento emotivo all’eternità del connubio tra natura e cultura che lo circondava, sperando di pacificarsi con i suoi tormenti».
Vennero però anni scuri. Il fascismo, la guerra e il boom economico, con la morte delle lucciole e l’abusivismo rampante. Sotto i fanali, l’oscurità. È la rabbiosa volontà di recuperare una relazione affettiva con un luogo massacrato che ha spinto la Soprintendenza Archeologica di Roma a commissionare un’applicazione che declini lo spirito ferito della strada attraverso parole, musica e suoni: Verba, disponibile gratuitamente anche in inglese su smartphone e tablet, con i sistemi operativi Android, Apple e Windows.
I 70 testi, dalla durata media di cinque minuti e accompagnati da una colonna sonora composta da Gianfranco Plenizio, sono pensati per soddisfare le multiformi esigenze del pubblico. Alcuni sono racconti basati su fonti storiche, altri testi divulgativi scritti da giornalisti e rigorose schede descrittive redatte da archeologi. «Il Gps del dispositivo mobile localizza il viandante e consente l’avvio automatico in streaming dei file audio in un raggio di 50 metri dai punti di interesse, dislocati lungo 3 chilometri», spiega Monica Cola, una delle tre ideatrici del progetto.
Il visitatore si viene così a trovare immerso in una realtà aumentata, nella quale può camminare svincolato dalla staticità delle classiche audio-guide. Ha la possibilità di registrare messaggi audio, in forma pubblica o anonima. «Un altro utente potrà ascoltarli quando passerà nello stesso spazio geo-referenziato», aggiunge il linguista Tullio De Mauro, che ha seguito dall’esterno l’evolversi del concept. «La tipologia testuale scelta deve facilitare nel destinatario la voglia di capire. Qui i testi, che possono essere anche interrogati e contraddetti, sono chiari e accattivanti».
Verba è un social network che produce cultura dal basso: secondo Rita Paris, «il vero sviluppatore è una collettività che vuole ancorare a un luogo preciso i propri sentimenti». Una testa di ponte per riprendere il filo di un dialogo soggettivo con le antichità, quindi, come desiderò l’ignoto innamorato dei tubi di piombo.
«Se a Fontana di Trevi i turisti lanciano una moneta, sull’Appia possono ora lasciare la propria promessa di tornare con la speranza di poterla un giorno riascoltare», dice l’archeologa.
Passeggiare nel verde con gli auricolari nelle orecchie e i piedi liberi di andare diventa una scorciatoia per ripassare le vicende della creatura di Appio Claudio.
È l’attore Giuseppe Cederna a leggere uno dei più furenti articoli del padre Antonio, con il quale l’incuria dello Stato nei confronti del suo patrimonio fu denunciata sul Mondo, l’8 settembre del 1953. Cederna scrisse che bisognava salvare l’Appia dai gangster perché per due millenni «gli uomini di talento di tutto il mondo l’avevano amata».
Sfortunati coloro che smarriscono la capacità di coltivare la memoria di epiche intrise di umanesimo. Come quella nata nella piana di Maratona. La ricordano le voci di Sergio Zavoli e Carlo Paris, che raccontano l’impresa compiuta da Abebe Bikila, figlio di pastori e pettorale numero 11, il 25 agosto del 1960. Corse scalzo, perché della via regina aveva bisogno di sentire tutta la durezza. E quando la percepì, all’altezza della tomba di Cecilia Metella, chilometro trentacinquesimo, aumentò l’andatura. A Porta San Sebastiano restò solo. Vinse sotto l’Arco di Costantino.
La diritta Appia riassume la tortuosa via all’identità dell’Italia: dalla lotta per le investiture che concorse a frammentarla, narrata attraverso quel Bonifacio VIII che ebbe il suo Castrum Caetani presso Capo di Bove, alla Quinta Armata del generale Clark, che da qui entrò a Roma il 5 giugno del 1944.
Con la Repubblica arrivarono gli anni della ricostruzione, manna piovuta dal cielo per i palazzinari. La prima autostrada della storia, presso la quale Carlo Ponti abitava in una villa con la camera da pranzo scavata in un sepolcro, fu tagliata dal Gra nel 1951. Nel 1965, dopo fiumi di inchiostro di Cederna, il Piano Regolatore Generale destinò 2517 ettari dell’Appia a parco pubblico. «Ma il complesso di Capo di Bove è stato acquisito solo nel 2002», spiega Rita Paris. Costruito sopra una cisterna romana, nascondeva una piscina nel cortile interno, dove affacciano gli uffici della Soprintendenza e l’archivio di Antonio Cederna, reso pubblico dalla famiglia.
«Santa Maria Nova, infine, fu rilevata nel 2006», continua Paris. «All’area appartiene il casale che la leggenda vuole infestato dal fantasma di Tulliola, rievocato dalla voce di Christian Iansante, doppiatore di Johnny Depp e Bradley Cooper». La salma di Tulliola, presunta figlia di Cicerone, fu trovata intatta in un sarcofago nel 1485 e si dissolse pochi giorni dopo per il contatto con l’aria. Tornò fantasma nel 1968 e spaventò gli ospiti della villa, da Brigitte Bardot a Grace Kelly, fino a renderla indesiderabile.
«Verba è una delle tante strategie pensate per estendere la fruibilità del nostro patrimonio», conclude Paris. «Non ha senso separare la tutela dalla valorizzazione, lasciando credere che un esperto di cultura non sia in grado di comunicare adeguatamente con l’esterno, come adombrato dalla riforma in corso».
Raccontare per riaffermare una cultura di cui se ne percepisce la vita solo nelle crisi più nere, quando verrebbe da pensare all’epitaffio de La Ricotta, girato sull’Appia da Pasolini. Il ladrone buono muore di indigestione sulla croce, durante la rappresentazione di una passione vivente. «Crepare: non aveva altro modo di ricordarci che anche lui era vivo», commenta Orson Welles, con la voce di Giorgio Bassani.
Raccontare. Perché mai più si ripeta la proskýnesis della cultura umanistica, messa in scena dallo Stato sul colle del senato e del popolo romano.