il manifesto 29.1.16
«Bombe italiane da Cagliari a Riyadh»
Controllarmi. L'iniziativa della Rete italiana per il disarmo
di Geraldina Colotti
Un
esposto in diverse Procure per chiedere un’indagine sulle spedizioni di
bombe aeree dall’Italia all’Arabia Saudita. Questa l’iniziativa della
Rete Italiana per il Disarmo, illustrata ieri durante una conferenza
stampa alla Camera — dal titolo «Controllarmi» — e presentata in Procura
da Alfio Nicotra, Lisa Pelletti Clark, Massimo Valpiana, Giorgio
Beretta, Maurizio Simoncelli e Francesco Vignarca. L’articolo 1 della
legge 185/90 — ha spiegato ieri Vignarca, coordinatore della Rete —
vieta l’esportazione di armi verso paesi in stato di conflitto armato e
che violino i diritti umani. Invece, partono dalla Sardegna «continue
spedizioni con tonnellate di bombe aeree dirette in Arabia Saudita»: 5
dal 2015 a oggi. Bombe che servono a rifornire le Royal Saudi Air Force
che «dallo scorso marzo bombardano lo Yemen senza alcun mandato da parte
delle Nazioni unite, esacerbando un conflitto che ha provocato quasi
6.000 morti, la metà dei quali vittime civili e sta determinando la
maggior crisi umanitaria in tutto il Medioriente».
Le spiegazioni
fornite dal governo, sono state tardive e ambigue, «al punto da farmi
rimpiangere i governi Andreotti — ha detto Giuseppe Civati, presente in
sala, e ha proposto che ogni parlamentare pubblichi gli allarmanti dati
del traffico di armi e il testo dell’esposto. «Il Parlamento non è più
la sede politica adatta per chi tiene alla pace e al rispetto delle
norme», ha rincarato Giulio Marcon, criticando la risposta del governo
secondo cui la vendita di armi viene «decisa caso per caso»: perché
occorrerebbe comunque una decisione del Consiglio dei ministri e il voto
delle Camere. Riccardo Noury, di Amnesty International, ha ricordato le
violazioni dei diritti umani in Arabia Saudita.
Giorgio Beretta
ha denunciato le complicità del governo Renzi «per le nuove
autorizzazioni alle esportazioni rilasciate (almeno 5 monitorate, via
aerea e via mare), ma anche per il mancato controllo per gli invii di
materiali militari decisi in precedenza, com’è espresso compito
dell’esecutivo».
Il senatore 5S Roberto Cotti e il deputato di
Unidos, Mauro Pili hanno raccontato come «un carico di migliaia di
bombe» sia partito in tutta segretezza ancora due settimane fa
dall’aeroporto di Cagliari con destinazione la base dell’aeronautiva
militare saudita di Taif, non lontano dalla Mecca. Dall’ottore scorso,
due spedizioni sono partite via aereo cargo, altre due dai porti di
Olbia e Cagliari. Secondo il ministero della Difesa — ha detto Pili — si
tratterebbe di materiale in transito: «Bombe in vacanza — ha
ironizzato, attratte dalla bellezza del paesaggio». Bombe prodotte dalla
Rwm Italia, azienda tedesca del gruppo Rheinmetall con sede legale a
Ghedi (Brescia) e stabilimento a Domunovas (Carbonia-Iglesias), in
Sardegna. Per questo, l’esposto della Rete italiana è stato depositato,
oltre che alla Procura di Roma, anche a quella di Brescia. Cotti ha
chiamato in causa anche le responsabilità del governo della regione
Sardegna.
Significativa la considerazione finale di Beretta: «Le
bombe — ha affermato — vengono costruite in una regione come la Sardegna
dove le fabbriche chiudono e agli operai non resta che quel tipo di
produzione. E vengono gettate in un’altra parte del mondo altrettanto
povera, per i profitti di un paese ricco, attraverso l’impresa tedesca»