il manifesto 28.1.16
I fratelli Bundy e il suprematismo bianco
di Marina Catucci
È
durata tre settimane l’occupazione da parte della milizia bianca, di un
edificio del governo in un parco naturale alla periferia di Burns,
cittadina dell’Oregon orientale, e si è conclusa con uno scontro a fuoco
con i federali, sei arresti, un ferito e un morto. Dal 2 gennaio il
gruppo di miliziani aveva occupato il Malheur National Wildlife Refuge
durante una protesta in sostegno degli Hammond, due piccoli proprietari
terrieri della zona, accusati di aver appiccato fuochi in terre federali
e per questo motivo, secondo la percezione della milizia, ingiustamente
perseguitati dal governo.
Da tempo in questa zona dell’Ovest
degli Stati uniti, dall’Oregon al Nevada, esiste un movimento armato
contro il governo federale accusato di impedire agli allevatori di
cacciare nelle riserve naturali e di pascolare il bestiame all’interno
delle terre federali. Questo movimento è composto da vari gruppi, quasi
sempre piccoli, che si definiscono ultra patriottici e dichiarano di
aver giurato fedeltà alla costituzione, non al presidente, e di esser
pronti a difendere l’America contro ogni suo nemico esterno o interno,
presidente incluso.
Questa vicenda si è svolta come in un film dei
fratelli Coen, nell’isolata e innevata landa del profondo Ovest,
schierando una dozzina di miliziani armati fino ai denti contro la
popolazione locale e lo sceriffo che non aveva nessuna voglia di averli
alle porte della propria piccola cittadina. Dopo pochi giorni
dall’occupazione, la zona si è riempita di media, polizia e federali, la
milizia non permetteva l’ingresso ai giornalisti ma indiceva conferenze
stampa all’esterno, nonostante il freddo e la neve, e si sono
susseguiti meeting di cittadini nella chiesa del paese, si è cercata
così una via diplomatica per mandar via la milizia dalla riserva
naturale, ma senza successo.
«Se ci sgomberano finirà in un bagno
di sangue», aveva dichiarato la milizia capitanata dai due fratelli
Bundy, figli di un allevatore del Nevada, anche lui protagonista di un
episodio simile nel 2014. Durante queste tre settimane ci sono stati
incontri tra i miliziani e lo sceriffo, in luogo neutro, terminati in un
nulla di fatto, un surreale incontro tra Ammon Bundy, considerato il
leder degli occupanti, e i federali, seguito da lontano dalle telecamere
che non erano ammesse al meeting e terminato con un assurdo scambio di
biglietti da visita tra Bundy e gli agenti del Fbi, e un altro nulla di
fatto. Pochi giorni dopo, un miliziano aveva rubato un auto federale che
aveva usato per andare in giro nei dintorni e per questo era stato
arrestato, le recinzioni della riserva erano state tagliate per
permettere ai proprietari di bestiame di portare le proprie greggi a
pascolare, erano state violate alcune confinanti proprietà private di
nativi americani e l’evento era stato filmato e postato su Youtube. Ci
si domanda cos’altro potesse fare questa milizia di dodici persone per
dover essere sgomberata con la forza.
Chiunque in America, già dal
primo giorno, aveva notato che se invece di un gruppo di maschi bianchi
armati fino ai denti e con intenzioni dichiaratamente belligeranti ed
incostituzionali, ci fosse stato un gruppo di afro americani o, peggio,
di musulmani, non ci sarebbe stato così tanto spazio per la dialettica.
Il
paragone tra l’Oregon e Ferguson è spontaneo: non si sono visti
lacrimogeni, carri armati e mezzi assordanti in Oregon e la sparatoria
finale, a un posto di blocco, stando a quanto dichiarato dalla Cnn, è
iniziata per mano dei miliziani. Fino alla fine le autorità non si sono
sentite in dovere di entrare a sgomberarli. Ora si temono ripercussioni
da parte di altri aderenti ma perché il timore non c’è se a essere
attaccata è la comunità nera?
Domande che la vicenda lascia dietro
di sé oltre all’arresto dei fratelli Bundy, la morte del portavoce del
gruppo, ancora sei persone barricate mentre scriviamo e una comunità che
pur di mandarli via aveva aperto, come deterrente, un crowdfunding il
cui ricavato ora andrà a tutti gli enti liberal invisi ai supremazisti
bianchi, dai consultori ai gruppi che si battono per il controllo delle
armi.-