il manifesto 23.1.16
Il comune destino degli ungheresi Istvan Toth e Geza Kertesz
Sport
e Shoah. Costruirono una rete clandestina per salvare gli ebrei,
diventarono allenatori in Italia, tornati in patria furono fucilati nel
'45
di Pasquale Coccia
Gottfried Fuchs e Jiulius
Hirsch furono gli unici calciatori ebrei a vestire la maglia della
nazionale tedesca, primato che detengono ancor oggi. Amici per la pelle
in campo e fuori, furono segnati da un diverso destino. Il primo, una
mezzala in grado di trasformarsi in un veloce attaccante e mettere la
palla in rete, passò alla storia del calcio alle olimpiadi di Stoccolma
del 1912, quando con la nazionale tedesca in una sola partita realizzò
dieci dei sedici gol che la Germania inflisse alla Russia. Prima che la
furia hitleriana si abbattesse sugli ebrei Gottfried Fuchs fuggì in
Canada, dove visse fino al 1972. Diversa fu la sorte dell’ala sinistra
Julius Hirsc. Convinto che la persecuzione degli ebrei fosse passeggera
rimase in Germania, ma per lui non ci fu scampo, fu deportato ad
Auschwitz dove morì nel maggio del 1945.
Ebbero destini comuni
fino alla morte Istvan Toth e Geza Kertesz, due calciatori ungheresi,
poi allenatori in Italia, che aiutarono gli ebrei e mettersi in salvo
attraverso una rete clandestina cui avevano dato vita. Come facevano ad
aiutare centinaia di ebrei al giorno? Forti del loro perfetto accento
tedesco, vestiti da ufficiali delle SS li prelevavano direttamente dal
ghetto di Budapest. Toth e Kertesz furono due calciatori che da
giovanissimi giocarono nel Btc Budapesti, una delle più forti compagini
del campionato magiaro. Toth, il più forte tra i due esordì in nazionale
a soli 18 anni in, Ungheria-Inghilterra, 4 a 2 a favore degli inglesi.
Toth e Kertesz, giocarono insieme per tre anni, poi Toth passò nelle
file del Ferencvaros. Facevano parte di quella scuola danubiana che si
affermò rapidamente e dominò il calcio europeo dagli anni Trenta fino al
dopoguerra. Finita la carriera calcistica, Istvan Toth e Geza Kertesz
restarono entrambi nel mondo del calcio, intraprendendo la carriera di
allenatori, seppero applicare moduli innovativi e vincenti.
Toth
al suo primo anno da allenatore alla guida della Ferencvaros, conquistò
lo scudetto, un trofeo che mancava da ben tredici anni, e l’anno
successivo la Coppa dell’Europa centrale, rispondente all’attuale
Champions. A 40 anni Istvan Toth era sul tetto d’Europa, l’allenatore
più conosciuto per gli allenamenti e i moduli tattici rivoluzionari che
aveva saputo introdurre nel calcio, non solo era un grande motivatore,
contava sulla forza del gruppo, ma per la prima volta ogni calciatore
aveva una sua scheda di allenamento con i punti forti e deboli da
curare. Nell’estate del 1931 per Istvan Toth arrivò la chiamata
dall’Inter. I nerazzurri l’anno precedente avevano vinto lo scudetto
sotto la guida di un altro grande allenatore ungherese, Arpad Weisz, che
aveva lasciato i campioni d’Italia per passare al Bologna di Leadro
Arpinati, fascista della prima ora e ras della città emiliana, il quale
voleva i felsinei scudettati a tutti i costi. I nerazzurri avevano nelle
proprie file Giuseppe Meazza, che appena ventenne era stato lanciato
nella massima serie proprio da Arpad Weisz.
Quell’anno l’Inter
concluse il campionato al sesto posto, una delusione per le aspettative
dei nerazzurri, a Toth non restò altro che raggiungere l’Ungheria per
allenare altre squadre. Diverso il percorso da allenatore di Geza
Kertesz, che fece una carriera tutta italiana. Alla guida dello Spezia
portò la squadra ligure al passaggio di categoria, passò alla Carrarese
che condusse in serie B, fu allenatore del Viareggio e della
Salernitana. A fargli una corte spietata e a non badare a spese fu il
barone Enrico Talamo, proprietario del Catanzaro, Geza Keretsz al
termine del campionato 1932–33, portò la squadra calabrese in serie B,
dopo aver vinto gli spareggi contro il Napoli e il Perugia, mai una
squadra calabrese aveva conquistato un risultato del genere. Keretzs
divenne un eroe popolare, ma l’affetto della gente di Catanzaro non lo
trattenne. L’allenatore magiaro era un animo irrequieto e dopo il
successo calabrese, passò in Sicilia dove prese ad allenare il Catania,
anche qui Keretsz replicò il successo ottenuto l’anno prima a Catanzaro.
La
squadra etnea non aveva mai raggiunto la serie B, dopo il successo la
piazza si riscaldò e voleva la serie A, la squadra siciliana acquistò
Biavati, futuro campione del mondo nel ’34, ma concluse il campionato di
B al terzo posto. A reclamare l’allenatore magiaro fu il Taranto,
Keretsz alla guida della squadra pugliese conquistò per l’ennesimo anno
la serie B, ormai era considerato un esperto di promozioni. Intanto
aveva rifatto capolino in Italia il suo amico Toth, il quale allenò la
Triestina, dove lanciò Gino Colaussi, che vinse i mondiali di Francia
nel 1938, ma i risultati furono deludenti, mentre Keretsz approdò in
serie A alla Lazio, piazzandosi al quarto posto nel campionato 1939–40.
L’anno successivo all’euforia seguirono risultati deludenti, alla sesta
giornata di campionato Keretsz fu esonerato, allenò anche la Roma l’anno
dopo quello dello scudetto del 1939–40. L’aria si era fatta pesante,
l‘Italia era in guerra, Keretsz tornò a Budapest. Dopo l’invasione di
Hitler, organizzò con Toth una rete per salvare ebrei e oppositori
politici, Keretsz parlava perfettamente il tedesco e vestito da
ufficiale SS andava nel ghetto a prelevarli per metterli in salvo. La
rete di resistenza durò un anno, fino a quando una spia denunciò i due
allenatori, la Gestapo li fucilò il 6 febbraio del 1945, il 13 febbraio
Budapest fu liberata.