il manifesto 22.1.16
Amnesty attacca Ankara: «Sprezzante uso della forza contro i kurdi»
Medio
Oriente. La risposta di Erdogan: no al negoziato con il Pkk e
magistratura contro i sindaci dell'Hdp, accusati di golpe. Probabile
rinvio del negoziato siriano: l'Onu non sa ancora quali opposizioni
invitare a Ginevra
Il presidente turco Erdogan
© Reuters
Chiara Cruciati
Edizione del
22.01.2016
Pubblicato
21.1.2016, 23:57
Qualcuno
si è accorto del massacro di civili kurdi: nel silenzio di Usa e Ue, ad
accusare la Turchia è Amnesty International che in un rapporto
pubblicato ieri analizza l’attuale campagna militare. «Una punizione
collettiva» contro 200mila persone soffocate da coprifuoco, operazioni
militari e assenza di servizi base, dall’acqua alla sanità.
«Tra
le vittime ci sono bambini, donne, anziani che non sono coinvolti negli
scontri con le forze di sicurezza – si legge nel rapporto – Le
operazioni di polizia sono caratterizzate dall’abuso di forza, incluse
armi pesanti in quartieri residenziali. Le autorità turche mettono a
rischio vite umane usando forza eccessiva in modo sprezzante».
I
casi si moltiplicano, i numeri parlano da soli: oltre 160 civili uccisi
dalla fine di luglio. E chi è ancora vivo è costretto ad una vita sotto
assedio, chiuso in casa, a volte accanto ai cadaveri dei propri cari,
impossibili da seppellire a causa del fuoco ininterrotto da parte turca.
Succede ovunque, a Cizre, Silopi, Diyarbakir, città in stallo dove ogni
servizio si è fermato e scarseggiano i mezzi per sopravvivere, acqua
potabile e cibo.
Il presidente turco Erdogan fa orecchie da
mercante e, forte dell’impunità dell’Occidente, si fa scudo con la lotta
al Pkk. Mercoledì ha tuonato di nuovo e promesso un pugno di ferro
ancora più brutale contro il popolo kurdo: il negoziato non sarà
riaperto, il governo «liquiderà» il Pkk.
Non solo non discuterà
con il Partito Kurdo dei Lavoratori (di cui ieri l’esercito vantava di
aver ucciso 610 combattenti dalla fine di luglio), ma neppure con l’Hdp,
opposizione turca di sinistra democraticamente eletta ma accusata dal
governo di essere portavoce dei “terroristi”: «D’ora in poi né
l’organizzazione separatista né il partito sotto il suo controllo
saranno accettati come controparti. I loro sindaci, i loro comuni, i
loro parlamentari risponderanno alla giustizia per quanto hanno fatto».
Nella
visione accentratrice di Erdogan tutti sono nemici: attivisti, civili,
intellettuali, giornalisti. E ovviamente anche i rappresentanti
dell’opposizione. Con una campagna repressiva senza precedenti la
magistratura turca – burattino nelle mani autoritarie del capo Erdogan –
ha aperto fascicoli di inchiesta contro 36 sindaci (alcuni già in
custodia cautelare) e circa 50 consiglieri municipali dell’Hdp, con la
folle accusa di tentato golpe. Il primo giudizio è già stato sfornato:
il sindaco di Van sconterà 15 anni di prigione per sospetta appartenenza
al Pkk.
Questa è la Turchia plasmata da un Erdogan ormai fuori
controllo. E a poco serve la timida proposta del commissario Ue
all’Allargamento e alla Politica di Vicinato, Johannes Hahn, che
mercoledì ha indicato nel «processo di pace [con il Pkk] la migliore
opportunità per risolvere un conflitto costato già troppe vite». Serve a
poco perché a soffocarne le parole sono i tre miliardi di euro promessi
dall’Europa ad Ankara per bloccare i rifugiati e la necessità degli
Stati uniti di avere la Turchia al proprio fianco a pochi giorni dal
negoziato siriano.
Siria, dialogo rinviato?
A raffreddare
gli accesi animi turchi sulla Siria sarà il vice presidente Joe Biden
che domani incontrerà il premier Davutoglu e il presidente Erdogan:
obiettivo è disegnare la comune strategia sul dialogo siriano, ancora
traballante. Il tavolo di Ginevra tra governo e opposizioni dovrebbe
aprirsi lunedì. Fino a mercoledì il segretario di Stato Kerry e il
ministro degli Esteri russo Lavrov millantavano puntualità ma ieri l’Onu
ha prospettato il probabile rinvio: uno o due giorni di ritardo per
recapitare gli inviti alle parti.
E poi si inizia? Difficile dirlo
proprio a causa dei famigerati inviti. Ancora non è chiaro chi volerà
in Svizzera, viste le distanze che restano tra l’asse Russia-Iran e il
fronte Usa-Golfo-Turchia. Ieri Ankara tornava ad accusare la Russia di
ostacolare il negoziato perché vuole al tavolo anche le Ypg, le unità di
difesa dei kurdi siriani di Rojava, ma secondo Ankara terroriste perché
legate al Pkk. Mosca (che ieri ha dispiegato navi da guerra lungo la
costa siriana) risponde a tono accusando i turchi di inviare ad Aleppo
armi e rinforzi ai gruppi islamisti al-Nusra e Ahrar al-Sham.
Punta
i piedi anche il governo di Damasco: fuori dal negoziato gli islamisti,
da Ahrar al-Sham a Jaysh al-Islam, sostenuti dal Golfo. Proprio ieri,
però, Riad Hijab, capo della commissione delle opposizioni nata a Riyadh
a dicembre nel noto meeting delle opposizioni, ha nominato tra i capi
negoziatori Mohammed Alloush, nuovo leader dei salafiti di Jaysh
al-Islam (alleati dei qaedisti di al-Nusra).
Così, mentre
minacciano di boicottare il dialogo se Mosca ci infilerà il naso, le
opposizioni moderate si presentano a braccetto con gruppi radicali
pretendendo di dettare l’agenda.