il manifesto 19.1.16
Cgil, ecco la Carta dei diritti universali
Susanna
Camusso presenta la proposta di un nuovo Statuto dei lavoratori: dovrà
diventare una legge, a cui verranno accoppiati dei referendum
«Ma non è una crociata solo contro il Jobs Act»
Riposo,
maternità, equo compenso e ammortizzatori per tutti, indipendentemente
dal tipo di contratto. La consultazione degli iscritti e il confronto
con Cisl, Uil e associazioni
di Antonio Sciotto
Si
chiama Carta dei diritti universali del lavoro, e rappresenta, nei
progetti della Cgil, il nuovo Statuto per i lavoratori del futuro: 97
articoli in 64 pagine che dovrebbero diventare una proposta di legge di
iniziativa popolare. Il concetto chiave, come ha spiegato ieri la
segretaria Susanna Camusso in una conferenza stampa tenuta ineditamente
davanti alla stazione Termini, è quello di «regolare i diritti non più
in base alla tipologia contrattuale, ma definendoli per tutte le persone
che lavorano, qualsiasi rapporto abbiano». Dipendenti a tempo
indeterminato o determinato, partite Iva, collaboratori dei tipi più
vari, tutti dovranno godere di un corredo di diritti unico e universale,
che verranno magari poi usufruiti in maniera diversa a seconda dei
casi.
Per sostenere la sua proposta, la Cgil ha indetto una
consultazione straordinaria delle iscritte e degli iscritti, «che per la
prima volta nella sua storia — ha spiegato Camusso — non riguarda un
accordo o un contratto, ma la direzione politica e strategica della
confederazione». I tesserati verranno chiamati a esprimersi — attraverso
assemblee nei luoghi di lavoro e nelle leghe pensionati — sul testo, ma
nel frattempo «vorremmo aprire — ha proseguito la segretaria Cgil — un
dibattito più vasto possibile, con le associazioni dei lavoratori
autonomi, gli intellettuali e i giuristi, con Cisl e Uil. E naturalmente
ci confronteremo con la politica», anche perché l’augurio è quello che
prima o poi la legge arrivi a essere discussa appunto in Parlamento.
Camusso
ha comunque sottolineato il carattere «autonomo» della proposta di
legge, slegata dai partiti e puramente “cigiellina”: a maggior ragione
per il fatto che la Carta verrà accompagnata (se gli stessi iscritti lo
approveranno con la consultazione) da una serie di quesiti referendari
«che puntano ad abrogare tutte le norme che negli ultimi anni hanno
destrutturato e diminuito i diritti del lavoro». «Non si deve fare
l’equazione diretta Carta del lavoro–Jobs Act — ha poi aggiunto la
leader Cgil — Non stiamo lanciando un referendum abrogativo che si
concentra sulle leggi varate dall’ultimo governo, ma andremo a toccare
provvedimenti anche dei passati esecutivi, dal Collegato lavoro
all’Articolo 8, norma che permette di derogare alle leggi».
La
Carta è divisa in tre parti. Nella prima sono definiti i diritti che
dovranno essere riconosciuti a tutti i lavoratori. Elenca i principali
la stessa Camusso: «Il riposo, la maternità e la paternità. Il diritto a
essere informati sulle proprie condizioni di lavoro e alla sicurezza.
La libertà di espressione. Il diritto a non essere discriminati e quello
alla riservatezza. Al sapere, che è istruzione e formazione continua.
Il diritto d’autore: il rispetto dovuto alle creazioni dell’intelletto,
non permettendo che le imprese le inglobino senza riconoscimento».
E
ancora: «L’equo compenso, gli ammortizzatori sociali e il sostegno al
reddito, il diritto alla tutela pensionistica». Lo sforzo della Cgil, al
di là della battaglia per i contenuti, è quello di andare a
intercettare tanti nuovi lavoratori — giovani ma non solo — che hanno
impieghi sempre più saltuari e intermittenti, spesso di intelletto, e
che non si concentrano necessariamente nella fabbrica, nel call center o
nel centro commerciale. I lavori di intelletto, o del terziario, spesso
raggiungibili solo attraverso i social.
Molti di loro, anche gli
autonomi, ha spiegato Camusso, oggi sentono il bisogno di una tutela
collettiva e del sindacato: spesso perché la partita Iva è imposta, e di
fatto si è dipendenti mascherati, ma diritti come la malattia, le
ferie, i riposi, devono essere patrimonio comune di chiunque lavori,
anche se genuinamente autonomo. Nessuno spazio però, in questa
prospettiva, per il reddito di cittadinanza: «L’obiettivo resta il
diritto al lavoro, con i dovuti ammortizzatori».
La seconda parte
della Carta è dedicata alla contrattazione: «Deve essere inclusiva — ha
spiegato Camusso — e avere valore per tutte le figure di un settore.
Bisogna realizzare l’articolo 39 della Costituzione, la validità erga
omnes, certificando la rappresentanza, anche delle imprese. E cancellare
le deroghe». Altro articolo della Costituzione da applicare, il 46: «La
partecipazione, che per noi significa conoscere e potere intervenire
sugli investimenti e l’organizzazione».
Infine, la parte dedicata
al «riordino delle tipologie contrattuali»: con un’attenzione ai nuovi
fenomeni, come «l’esplosione dei voucher», o la «trasformazione
dell’apprendistato, visto che sembra sempre più complicato ricevere
un’autentica formazione». I 97 articoli non dovranno valere solo per i
lavoratori privati, ma includono anche il pubblico impiego.
«La
nostra non è una battaglia difensiva, per tornare al passato — ha
concluso Camusso — ma intendiamo guardare al futuro. Certo che serve una
tutela contro i licenziamenti ingiustificati, ma noi non raggiungeremo i
nostri obiettivi solo abrogando, perché non basterebbe. Bisogna anche
costruire».