il manifesto 16.1.16
La cultura è trasformazione
Verità nascoste. La rubrica settimanale di Sarantis Thanopulos
di Sarantis Thanopulos
In
un editoriale recente, Ernesto Galli della Loggia, prende spunto dai
fatti di Colonia (le molestie subite da molte donne nella notte
dell’ultimo dell’anno), per esporre una teoria dell’integrazione
culturale forte e mistificante. Due sono i punti essenziali del suo
discorso. La civiltà occidentale deve liberarsi dei sensi di colpa nati
dal pregiudizio che le attribuisce misfatti peggiori rispetto ad altre
civiltà. In ogni società esiste una cultura dominante e l’integrazione è
assoggettamento delle altre culture al quadro delle regole generali che
essa determina.
L’ostinazione con cui in Occidente si rimuove il
peggior misfatto di tutte le civiltà, lo sterminio degli ebrei, è pari
al suo rifiuto di assumere una vera responsabilità nei confronti di
secoli di colonialismo, di schiavismo, di saccheggio delle risorse degli
altri, di scambio sempre più ineguale. Dei sensi di colpa non possiamo
liberarci se ce li siamo meritati: questo è una bella complicazione,
perché, se non sono legati al senso di responsabilità, la loro presenza è
controproducente. Il senso di responsabilità deriva dalla
consapevolezza che la mortificazione del desiderio dell’altro come
nostra controparte nelle relazioni di scambio, ci danneggia entrambi
come soggetti desideranti. Il senso di colpa misura il danno che abbiamo
causato all’altro, a causa dell’allontanamento dal senso di
responsabilità, e produce, come atto di riparazione, il ritorno ad esso,
cioè a un rapporto paritario, reciprocamente rispettoso. Quando la
tentazione del dominio prevale sulla responsabilità e la percezione
oscura del misfatto (ineliminabile, finché sopravvive il senso di
umanità) gira a vuoto, il senso di colpa alimenta una falsa riparazione:
la beneficenza come atto di generosità, il mantenimento della propria
posizione di superiorità in condizioni di sollievo morale. Il danno è in
minima parte alleviato, ma il meccanismo che lo produce ne esce
rinforzato.
La falsa riparazione non è sufficiente per una
pacificazione interiore altrettanto falsa: il danno deve essere, in una
sua parte variabile, negato.
Il modo migliore è sfruttare
l’ostilità e la rabbia dell’altro danneggiato (un essere umano non reso
migliore, innocente, nei suoi sentimenti dal torto subito) per
colpevolizzarlo. Il pretendere di educare l’altro ai propri valori, per
accoglierlo una volta «civilizzato» (il punto centrale della proposta di
Galli della Loggia) è una pia illusione, perché presume che costui
accetti di sentirsi colpevole del danno subito. La condizione per essere
ripagato con la benevolenza; di trovarsi, in altre parole, «cornuto e
mazziato».
La pretesa educativa sull’altro, sfocia nella
disgregazione culturale delle relazioni sociali, nella costituzione di
scompartimenti stagni, che convivono ignorandosi.
L’integrazione
culturale è nel segno della reciprocità dell’apertura tra le culture che
si incontrano, fondata sulla disponibilità unilaterale di mettersi in
gioco della cultura che le circostanze hanno reso egemone. Tocca
soprattutto alla cultura che accoglie di affermare i propri valori,
mettendoli alla prova della trasformazione che l’impatto con le culture
accolte determina. Una cultura è tanto più assimilata, accettata da ciò
che la trascende, quanto più lo assimila, lo elabora e se ne
arricchisce. La cultura «dominante», è strumento di potere, dogmatismo
che sostituisce l’esperienza con la regola.
L’«egemonia» culturale
è, invece esposizione, possibilità di sperimentazione, gioco erotico
con l’inconsueto, capacità di trasformare e di essere trasformati,
turbati ma non perturbati, da ciò che appare estraneo.