il manifesto 10.1.16
Smeriglio: “Rompere le alleanze è un regalo a Renzi”
Massimiliano Smeriglio (Sel): per una forza delle nostre dimensioni sarebbe ridicolo rinunciare alla ricerca delle coalizioni
Fassina è stato un eccellente uomo di governo, non lo nasconda
La candidatura a sindaco di Roma deve servire ai romani, non al nuovo soggetto
intervista di Daniela Preziosi
ROMA
L’ultimo guaio della già inguaiata famiglia della sinistra italiana
attraversa lo Stivale, da Milano a Torino a Bologna fino a Roma e
Napoli. Investe soprattutto casa Sinistra ecologia e libertà, il partito
nato nel 2009 da una scissione di Rifondazione comunista per l’alleanza
con il Pd, e oggi alle prese con la scelta opposta della rottura in
vista delle amministrative. Scelta che non va giù a una parte dei
dirigenti: l’opinione — decisiva — degli elettori si misurerà nel voto.
Guidano il fronte i sindaci Pisapia, Doria, Zedda. E nel Lazio
Massimiliano Smeriglio, numero due della Regione, vice del presidente
Zingaretti.
Smeriglio, il Pd minaccia di farvi fuori dalla giunta
regionale se non fate l’alleanza al Campidoglio. Paura di perdere la
poltrona?
Nel 2013 ho lasciato la poltrona comoda della camera,
d’accordo con il gruppo dirigente di Sel, per dare vita a un laboratorio
politico, quello della Regione. Oggi mi pare che un po’ tutti a
sinistra siano soddisfatti delle scelte compiute. Senza Sel questa
esperienza non esisterebbe. In ogni caso i ruoli politici o
istituzionali sono sempre temporanei.
Lei governa in coalizione: è una posizione particolare o rischia di diventare una diversa scelta politica?
La
mia scelta politica si chiama sinistra, un luogo che mi piace abitare e
trasformare. Per me il tema è come si contende il campo al Partito
della Nazione mantenendo alta la critica al governo Renzi. Dobbiamo però
decidere se assistere alla rivoluzione passiva renziana lasciandogli
tutto il campo o provare a contendergli parte del campo. In ogni caso la
nostra posizione ufficiale è far valutare caso per caso alle realtà
locali.
Ma nel caso di Milano, finire a sostenere Sala non è l’opposto, cioè legittimare il partito della nazione?
A
Milano c’è un gruppo dirigente capace che si muove con grande
responsabilità. Decideranno loro la nostra collocazione, insieme a
Pisapia. Sel ha inciso e cambiato le cose, dai sindaci arancioni alla
coalizione Italia bene comune. Ha vinto e ha perso, ma ha sempre giocato
la partita per l’egemonia e il cambiamento. Non è mai stata una ridotta
identitaria. Con il minoritarismo si vincono i congressi delle
formazioni radicali ma si perde il contatto con la società.
Italia bene comune è stata sconfitta alle urne nel 2013. Poi l’Italicum ha mandato in archivio l’idea stessa di coalizione.
Se
non vogliamo essere ridicoli, per una forza delle nostre dimensioni la
ricerca delle coalizioni resta un tema aperto. Se non c’è il
centrosinistra per me è un problema, non un’opportunità. Dobbiamo
battere la vocazione maggioritaria del Pd, ma non opponendo quella
minoritaria della sinistra. Sono contrario alla separazione consensuale,
abbiamo già dato nel 2008. Ogni separazione ha comportato disastri per
il Paese e per la sinistra. Nessuna catarsi annunciata si è mai
avverata. Neanche nel 98. Dobbiamo evitare la coazione a ripetere lo
stesso errore ogni dieci anni.
Insisto. Il nuovo partito di sinistra nasce sull’idea dell’autonomia dal Pd . E a livello nazionale Renzi è alleato di Alfano.
L’autonomia
è una ricerca centrale ma non si misura in metri di vicinanza o
distanza dal Pd. Vedo delle difficoltà nell’azione del governo, tornano a
parlare di centrosinistra. Dovremmo incalzarli e verificare se esiste
davvero uno spazio per la riapertura di un dialogo sul reddito minimo,
le misure anti povertà, il clima, le riforme costituzionali. Vediamo le
carte, se c’è sostanza o se è solo un bluff.
Ma le riforme costituzionali sono quasi approvate, e presto anche su questo tema sarete avversari al referendum.
Il
referendum sarà importantissimo e noi dovremmo costruire una campagna
per il No fatta di argomenti che riguardano la vita delle persone, non
le nostalgie. Dobbiamo difendere la Costituzione senza regalare tutto il
campo dell’innovazione a Renzi.
Torniamo alle città. A Roma avete
un candidato ex Pd, Fassina, contrario alla coalizione e quindi a
partecipare alle primarie. Ma l’impressione è che una parte di Sel, la
sua, non l’ha mai sentito come il proprio candidato. Impressione
sbagliata?
Non ci sono diverse parti di Sel, c’è un partito che
sta discutendo. Stefano Fassina ha una biografia eccellente: da
valorizzare, non da nascondere. È stato un uomo di governo, competente,
credibile. Dovrebbe enfatizzare questi aspetti, come fece Emma Bonino
alle regionali nel 2010, una candidatura che si inserì nelle difficoltà
del Pd e prese l’intero campo. Lei non si presentò come candidata dei
radicali ma di tutti i progressisti. Noi dobbiamo offrire la candidatura
di Fassina a tutti, compreso il Pd, proprio a partire dal profilo del
candidato. Le ipotesi da scassapopolo le lascerei ad altri: a quelli che
hanno percorso e perso su queste strade mentre noi costruivamo Italia
Bene Comune.
Sel ha condotto fin qui una durissima campagna contro
il Pd sul caso Marino. E come a Milano, anche a Roma partecipare alle
primarie significherebbe sostenere, al voto, un candidato renziano.
Peraltro il Pd ancora non ha un programma né un candidato: vuole
un’alleanza a prescindere?
Il fallimento del governo Marino è
davanti ai nostri occhi, ognuno porta una quota di responsabilità, il Pd
quella più grande. In questo contesto le primarie sono un passaggio
difficile da realizzare ma, come ha detto Fassina al manifesto, vediamo
se il Pd saprà stupirci. E vediamo se noi sapremo stupire la città
evitando di consegnarla ai 5 stelle o agli eredi di Alemanno. Serve
un’iniezione di partecipazione e protagonismo civico. L’idea di mettere a
verifica questa opzione in una consultazione del nostro popolo mi pare
buona. Viceversa vi è il rischio di essere fraintesi: la candidatura a
sindaco non deve stare in uno schema politicista che risponde alla
logica della costruzione del nuovo soggetto della sinistra più che ai
bisogni dei romani. Così si va a sbattere.
Sono posizioni molto distanti da quelle di altri dirigenti di Sel. Rischiate una scissione?
Siamo
impegnati insieme a tanti militanti, parlamentari, sindaci,
amministratori a portare la cultura politica di Sel nel nuovo soggetto.
Dobbiamo imparare a confrontarci senza immaginare scissioni a ogni
tornante.
Se non otterrà correzioni di rotta lei che farà?
Sono fiducioso, confido nella maturità della nostra gente. In fondo cos’è un processo costituente se non questo?
Insisto: c’è ancora uno spazio di accordo fra voi?
Troveremo
una quadra per affermare l’idea di una sinistra socialmente utile. Con
lo sforzo e il contributo di tutti. L’ambizione è fondare una «chiesa»
grande, aperta, capace di accogliere le diversità e di far vivere una
connessione sentimentale con il vincolo di popolo. A me non interessa
una setta che si nutre di abbandoni e purificazione. Anche perché il
film dell’organizzazione omogenea e angusta è vecchio, già visto: anche
qui, abbiamo già dato.