il manifesto 10.1.16
Riforme, referendum obbligato a ottobre
Costituzione. Renzi: facciamo scegliere gli italiani. Ma non è una concessione, e non può essere anticipato
Lunedì l'ultimo atto della prima lettura, in contemporanea l'assemblea alla camera del fronte del No
di A. Fab.
Domani
pomeriggio la camera approverà la legge di revisione costituzionale
Renzi-Boschi nel testo identico a quello approvato dal senato. Non ci
sono incertezze visti i numeri di cui dispone il governo a Montecitorio.
Tanto è vero che gli avversari della riforma, già raccolti in un
comitato del No presieduto dal costituzionalista Pace, hanno convocato
un’assemblea pubblica in contemporanea con le dichiarazioni di voto
della camera (alle 15.30).
In questo che è l’ultimo atto della
prima lettura non è richiesta la maggioranza assoluta dei deputati,
soglia che è facilmente alla portata di Pd e alleati di centro e
centrodestra ma che pure non è stata mai raggiunta nelle votazioni sugli
articoli negli ultimi mesi dello scorso anno. La maggioranza assoluta
servirà invece necessariamente al senato, dove da mercoledì 13
(trascorsa la «pausa di riflessione» di tre mesi prevista dall’articolo
138) ogni giorno potrebbe essere quello buono per confermare
l’approvazione del testo (le dichiarazioni di voto e il voto possono
esaurirsi in una sola seduta) di riforma. Non c’è alcuna fretta, visto
che la data di chiusura sarà comunque quella dell’11 aprile (tre mesi
dopo l’ultimo sì della camera, quello di domani), eppure è comprensibile
l’intenzione di Renzi di anticipare quel giorno a prima dei passaggi
più delicati su Unioni civili e riforma della cittadinanza. Neanche un
voto può essere perso, visto che il pieno dell’alleanza «riformatrice» —
mettendoci dentro dal Pd agli ex leghisti di Fare!, dai verdiniani agli
ex grillini — arriva a 179 voti, appena 18 consensi oltre il margine
minimo di 161. Lontanissima la maggioranza dei due terzi, raggiunta la
quale la revisione costituzionale sarebbe immediatamente efficace. È per
questo che si potrà chiedere il referendum, malgrado Renzi la presenti
come una sua decisione.
E non sarà il governo a poter chiedere il
referendum, ma in sua vece — rovesciando il senso dell’articolo 138 — è
assai probabile che lo chiederanno i parlamentari renziani di
maggioranza. Potranno farlo immediatamente, devono solo firmare la
richiesta presso la segreteria della loro camera, in teoria potrebbero
farlo il giorno successivo alla pubblicazione del
testo(provvisoriamente) approvato in Gazzetta ufficiale. Ma, a
differenza di quanto raccontano i boatos di palazzo Chigi, la Cassazione
dovrà comunque aspettare eventuali altre richieste, come quella
annunciata da parte del comitato del No — che chiederà il sostegno di 65
senatori o 126 deputati di opposizione — così da poter essere
formalmente riconosciuto nella successiva campagna referendaria (per i
rimborsi e gli spazi tv). Altrimenti bisognerebbe raccogliere 500mila
firme. Passeranno così tre mesi (si arriverà a metà luglio), dopodiché
trascorso il tempo (30 giorni) per le verifiche dell’ufficio centrale
della Cassazione, il governo potrà convocarsi in pieno agosto per
decretare l’indizione del referendum (che spetta al Quirinale) tra i 50 e
i 70 giorni dopo. Al più presto ad ottobre. a. fab.