domenica 24 gennaio 2016

Corriere Salute 24.1.16
Sanità
Il contratto sociale in sofferenza
di Luigi Ripamonti

Sono sempre di più le persone che chiedono finanziamenti per pagare interventi chirurgici, cure dentistiche, farmaci, persino esami. È un fenomeno che può stupire, perché in Italia non c’è una propensione diffusa all’indebitamento e perché nel nostro Paese la salute è (o dovrebbe essere) in massima parte garantita dal Servizio sanitario: oltre al ticket, per le cure necessarie non si dovrebbe pagare nulla.
E allora perché ci si cura “a rate”? Escludendo interventi puramente estetici e cure odontoiatriche, che (giusto o no), sono tradizionalmente considerate “private”, i motivi sono essenzialmente due: liste d’attesa troppo lunghe o mancata copertura da parte della Sanità di alcune prestazioni o di medicinali innovativi. Che cosa dovremmo dedurre? Che il sistema è inefficiente o ingiusto? Inefficiente in alcuni casi (forse anche molti) è possibile, ingiusto probabilmente no. La risposta, meno demagogica, ma più realistica, è che il Servizio sanitario si trova davanti alla cosiddetta triade logica inconsistente, cioè all’impossibilità di ottemperare a questi tre obiettivi contemporaneamente: accesso di tutti
i cittadini al Sistema; accesso per tutti a tutte le prestazioni; qualità ottimale di tutte le prestazioni. La coperta è corta: che cosa è meglio sacrificare? Accesso universale, totalità delle prestazioni o qualità?
Quello che è certo è che più si spreca, più tutti e tre i termini di questo “contratto sociale” vanno in sofferenza, e più si crea lo spazio, e talvolta la necessità, di ricorrere all’iniziativa personale, che spesso ha costi insostenibili.
Che cosa fare allora? Le soluzioni sono ovviamente materia per decisori politici e amministratori sanitari. La trasparenza nella spesa, la centralizzazione e la creazione di benchmark per le gare d’appalto che bilancino in modo intelligente costi e qualità, la lotta alla corruzione e alla lottizzazione delle nomine di manager e primari sono solo alcune delle ricette da seguire. Ma anche ciascuno di noi è chiamato a un utilizzo sensato della preziosa risorsa che è il nostro Sistema sanitario, magari evitando inutili “pressing” prescrittivi sui medici per terapie e diagnosi o valutando razionalmente la necessità di chiudere reparti o servizi che non garantiscono prestazioni adeguate, anche se questo obbligherà a fare qualche chilometro in più. Due piccoli rinunce. Ma tutto serve. Altrove le ricette per mantenere l’universalismo del sistema sanitario hanno già comportato sacrifici ben maggiori di quelli per ora chiesti a noi.