Corriere La Lettura 10.1.16
Processi
«Mia madre non è una strega» Keplero nei panni di avvocato
Nella Germania del Seicento il grande astronomo scese in campo per amore filiale e salvò Katharina dal rogo
Una vicenda che dimostra quali rischi corressero all’epoca le donne e come fosse labile il confine tra razionale e irrazionale
di Stefano Gattei
Quando
bussarono alla sua porta, la sera del 29 dicembre 1615, Keplero aveva
appena festeggiato il quarantaquattresimo compleanno. Era arrivato da
pochi anni a Linz da Praga, dove alla morte di Tycho Brahe, nel 1601,
era stato nominato matematico imperiale da Rodolfo II. Nella capitale
ceca aveva pubblicato rivoluzionari lavori di ottica e diottrica,
«dialogato» con il Sidereus nuncius di Galileo e iniziato il lungo
lavoro che, nel 1627, sarebbe sfociato nelle Tabulae Rudolphinae ,
manifesto e simbolo della nuova astronomia. Nel 1609, in particolare,
aveva enunciato le prime due leggi dei movimenti planetari che ancora
oggi portano il suo nome, rompendo con la tradizione millenaria della
perfetta circolarità delle orbite e del moto uniforme dei corpi celesti.
E proprio a Linz stava continuando il lavoro che lo avrebbe portato
alla scoperta, nel 1619, della terza legge, sintesi dell’armonia delle
sfere che Keplero affermava con orgoglio di aver letto nella mente di
Dio.
Un messaggero gli consegnò una lettera inviata dalla sorella
tre mesi prima: la loro anziana madre, Katharina, era stata accusata di
aver provocato l’improvvisa malattia di una donna particolarmente in
vista nella piccola città di Leonberg, dove entrambe risiedevano.
Katharina aveva portato in tribunale gli accusatori per diffamazione, ma
contro di lei si erano mossi personaggi potenti e il governatore della
regione non aveva potuto fare a meno di procedere nei suoi riguardi.
Il
processo sarebbe durato sei anni, per la maggior parte dei quali
Keplero seguì lo svolgersi degli eventi a distanza, intervenendo con
lettere private o attraverso persone di fiducia. Nel 1620, tuttavia, la
situazione precipitò. Il 7 agosto Katharina venne svegliata nel cuore
della notte, le guardie erano venute a prenderla. Provò inutilmente a
nascondersi nel cesto della biancheria, ma la trovarono e la condussero
in prigione, dove rimase per mesi, incatenata al muro della propria
cella. Di lì a poco il figlio sciolse ogni indugio e ne assunse
ufficialmente la difesa: nessun altro intellettuale di spicco avrebbe
mai compiuto un gesto del genere. Keplero lasciò Linz, mise da parte gli
studi, impacchettò libri, manoscritti e strumenti e si trasferì con
l’intera famiglia nel Sud della Germania per quasi un intero anno.
La
situazione era grave, come leggiamo nell’avvincente ricostruzione di
Ulinka Rublack, docente di Storia della prima età moderna all’Università
di Cambridge: The Astronomer and the Witch. Johannes Kepler’s Fight for
his Mother (Oxford University Press). Tra il 1500 e il 1700 circa 73
mila uomini e donne vennero processati per stregoneria in Europa. Di
questi, 40-50 mila vennero giustiziati, metà di loro entro i confini
dell’odierna Germania; tre quarti degli accusati erano donne. Katharina —
vedova, analfabeta, ma relativamente benestante — fu una delle migliaia
di donne costrette a subire un processo in tarda età: reagì con forza,
negando l’accusa, ma poco poté contro un meccanismo che, una volta
innescato, sarebbe stato difficile fermare.
Lo stesso Keplero,
inviso ai teologi della luterana Württemberg perché considerato troppo
vicino a Calvino, non si faceva illusioni sull’esito del dibattimento.
Provò quindi a coinvolgere parenti, amici e mecenati, anche a dispetto
di parte della famiglia e in particolare del fratello minore, Christoph,
che, preoccupato per le possibili ripercussioni sulla propria attività
artigianale di lavorazione del peltro, aveva finito per prendere le
distanze dalla madre.
Quello a Katharina è uno dei processi di
stregoneria meglio documentati della storia. La comunità entro la quale
si svolse è ben conosciuta agli studiosi, e questo ci consente di
ricostruire il mondo e le credenze dell’imputata con precisione.
Sappiamo come la gente si guadagnava da vivere, come si nutriva, quali
erano le sue ambizioni, come le persone vedevano e gestivano eventuali
conflitti che coinvolgevano il soprannaturale. Come Rublack mostra in
modo del tutto convincente — prendendo posizione critica nei confronti
di alcuni studi precedenti, troppo affrettati nelle conclusioni — la
popolazione non fu vittima di un’improvvisa smania collettiva, né ci
sono prove che i giudici fossero a conoscenza delle idee scientifiche di
Keplero, in particolare del suo sostegno all’opinione copernicana (cosa
che avrebbe potuto spingerli ad accusare la madre per attaccare il
celebre figlio).
Ricostruire la vita e il processo di Katharina,
sostiene Rublack, ha un duplice significato. Da un lato, ci consente di
rivedere la nostra comprensione della figura e dell’opera di Keplero, e
con lui quella di altri intellettuali suoi contemporanei. È infatti
riduttivo vedere Keplero, Galileo o Newton (grandi scienziati, dediti
però anche all’astrologia, all’alchimia o all’esegesi biblica) come
campioni del pensiero razionale che, dopo secoli di sonno della ragione,
hanno misurato e geometrizzato il mondo: la netta distinzione, tutta
contemporanea, tra razionale e irrazionale, tra religione e magia,
finisce infatti per oscurare aspetti chiave della loro visione del
mondo, impedendoci di penetrarla fino in fondo. Dall’altro, il processo
getta anche luce sulla difficile condizione delle donne, specialmente se
anziane, vedove e sole, in un periodo in cui chiacchiere o liti di
paese si trasformavano facilmente in controversie che, trascinandosi nel
tempo, potevano avere conclusioni tragiche. Lo stesso Galileo non esitò
a descrivere la madre in termini analoghi a quelli con cui gli
avversari trascinarono Katharina in tribunale: attaccabrighe,
piantagrane, fisicamente ripugnante — tanto da spingerla a denunciare il
figlio all’Inquisizione per averle dato della prostituta («gabrina»,
l’apostrofò Galileo, ricorrendo al nome dato da Ariosto a una vecchia
strega, maligna e sgradevole, nell’ Orlando furioso : «Gabrina è il nome
di costei, che nacque/ sol per tradire ognun che in man le cada»).
Alla
fine, Keplero riuscì a salvare la madre dal rogo, mostrando
l’infondatezza delle accuse, la debolezza delle argomentazioni e
l’inconsistenza delle prove portate in loro sostegno. Katharina morì sei
mesi più tardi, nel proprio letto, a 76 anni. La loro vicenda ci fa
guardare con occhi diversi a una delle pagine più buie della nostra
storia e, al medesimo tempo, pensare in modo nuovo il complesso legame
tra scienza, religione e società che ha contribuito a plasmare l’Europa
in cui oggi viviamo.