Corriere La Lettura 10.1.16
Il cacciatore di sogni
Tutti
volano, molti immaginano scenari apocalittici: Roc Morin racconta le
esperienze oniriche che ha raccolto in giro per il mondo
di Francesca Ronchin
La
prima cosa che ha imparato è che tutti volano. La seconda è che i sogni
più frequenti sono quelli di scenari apocalittici popolati da
sconosciuti senza volto che ci inseguono. Roc Morin, insegnante di
Psicologia presso il City College di New York e giornalista, ha raccolto
500 sogni in poco più di 18 mesi e attraversato 21 Paesi, dall’Islanda
alla Colombia. E il sogno continua.
Tornato da poco dall’Iraq, a
pochi chilometri dal confine con la Siria e le terre del Califfato,
Morin spiega alla «Lettura» che il suo viaggio a caccia di sogni
notturni toccherà tutti gli angoli del pianeta. Il progetto si chiama
World Dream Atlas , l’obiettivo è realizzare appunto un atlante delle
esperienze oniriche più significative tra quelle che ogni notte ci
intrattengono per almeno due ore e che poi, al risveglio, spesso finiamo
per dimenticare. «La memoria è attivata dall’attenzione — dice Morin —
quindi nei Paesi dove i sogni vengono considerati messaggi divini o
diabolici come in alcune regioni dell’Asia orientale, o del Medio
Oriente, o del Sud America, le persone “sognano”, o meglio ricordano, di
più». Diversamente da quanto accade in Paesi «razionali» come gli Stati
Uniti.
Curioso di esplorare i confini della fantasia umana, Morin
ha iniziato a raccogliere storie e sogni nei momenti liberi durante i
suoi viaggi in giro per il mondo. Il progetto è consultabile su Facebook
e non ha una scadenza sicura. Morin dice di non sapere con certezza
quando smetterà la caccia: potrebbe essere all’incirca a metà
dell’opera. «In realtà mi sono accorto che raccogliere i sogni delle
persone è relativamente facile, tutti amano raccontarli. O quasi»,
scherza Morin ricordando una signora della Lettonia convinta che i sogni
fossero una faccenda piuttosto personale. «Quando le ho spiegato di
essere un professionista e che poteva considerare la cosa alla stregua
di una visita dal medico, mi ha detto che facendo la spogliarellista
togliersi i vestiti per lei non era certo un problema, ma i sogni,
quelli no, sono più privati».
In realtà la parte più difficile «è
quando le persone si aspettano in qualche modo che tu le aiuti a
interpretarli», soprattutto nei luoghi di conflitto del Medio Oriente,
dove i sogni vengono utilizzati per prevedere il futuro e dove una
nottataccia può condizionare un’intera giornata.
Per raccogliere i
loro sogni Morin si è spinto nel Kurdistan iracheno, tra Erbil, Mullah
Abdullah e Makhmour. Qui, proprio perché la gente è portata a ricordare i
sogni che sono più rilevanti per la propria vita, la tendenza è quella
di ricordare maggiormente gli incubi e quindi storie di cataclismi o
incursioni in casa da parte di persone armate. «Meno le persone sono in
grado di controllare la propria vita, più tendono a credere alla
possibilità di prevedere il futuro — spiega —. Non è un caso che nelle
zone di conflitto ci sia una quantità maggiore di sogni premonitori. In
questo senso, questa “abilità mistica” può essere intesa come un
meccanismo di difesa in risposta a un quotidiano fuori controllo. Un po’
come accade a noi occidentali quando ci lasciamo affascinare dal
pensiero magico».
L’ambizione di poter gestire durante il sogno
ciò che non si riesce a controllare di giorno, di influenzare la realtà
secondo i propri pensieri e desideri personali, e magari darle un senso,
anche non del tutto razionale, secondo quella logica non causale dei
sogni, appartiene a tutte le popolazioni del pianeta, fino alla fredda
Islanda dove il 54% delle persone crede ancora negli Elfi. Qui,
soprattutto nel Nord del Paese, secondo Morin non sono rare le visite in
sogno da parte di esseri fatati e spiriti buoni dei boschi.
Proprio
per meglio studiare questi archetipi universali, alcuni ricercatori
della Columbia University e del California Institute of Integral Studies
hanno chiesto a Morin di collaborare alle loro ricerche. Se certe
figure appartengono a tutti i Paesi, le forme che assumono sono
determinate dall’ambiente e dalla cultura che abitiamo da svegli. «Nel
mondo occidentale, di notte, le nostre insicurezze spesso ci fanno
ancora tremare dalla paura di non aver superato l’esame di terza media o
quello di maturità o un test all’università — continua Morin — ma un
uomo adulto della tribù Didinga nell’Africa orientale non sognerà aule e
banchi di scuola, bensì scene di caccia tra fiumi e serpenti». A
seconda della cultura — forme, colori e scenari cambiano. Alcune
narrative oniriche invece sono comuni a tutte le popolazioni perché
determinate da motivi biologici. L’esperienza del volo ad esempio,
sarebbe il modo in cui la mente interpreta una mancanza di informazioni
sensoriali del corpo durante il sonno. Le visite da parte dei propri
defunti sarebbero una strategia per elaborare il lutto, mentre le
visioni apocalittiche una sorta di allenamento per prepararsi ad
affrontare eventuali scenari negativi.
Ma quando i suoi studenti
gli chiedono quale sia la funzione dei sogni, le strade si aprono. Da
Freud a Zie Zhang, i sogni possono essere intesi diversamente, come una
forma di pensiero necessaria ad appagare i desideri o come un derivato
delle operazioni di consolidamento della memoria.
Le teorie sono
tante, eppure, ha spiegato Morin su «The Atlantic», tutti i modelli non
darebbero la giusta rilevanza al potere creativo dei sogni: «Per quanto
ci sforziamo di dare un senso razionale ai sogni, la loro forza sta nel
farci vedere di cosa sia capace la nostra mente quando è staccata dalle
costrizioni della realtà fisica. All’inizio pensavo che questo mistero
fosse una mancanza di informazioni, un vuoto da colmare con la
conoscenza. Ora invece penso che ci sia proprio una forza generatrice in
qualche modo autonoma».
Per sfruttare al massimo le capacità
creative e conoscitive dei sogni, Morin da tempo si esercita nella
pratica dei «sogni lucidi», quelli in cui ci si rende conto di sognare.
«Guardavo le mie mani dall’alto e notavo che mi mancavano le dita. Mi
sono reso conto che era un sogno, ma è come se in quel momento mi fossi
svegliato, pur continuando a sognare. Ero consapevole che tutto fosse
un’illusione, una manifestazione della mia mente, ed è come se avessi
capito il concetto buddhista di illuminazione: con un solo pensiero, si
può trascendere il mondo».
Dunque dovremmo prestare più attenzione
ai sogni? «Le neuroscienze oggi stanno rivelando sempre di più come noi
umani siamo soprattutto esseri subconsci, per lo più inconsapevoli
delle operazioni della mente. I sogni sono una delle poche eccezioni a
ciò. Quando la nostra mente gioca, libera di molti limiti della realtà,
siamo creativi in modi in cui non siamo solitamente. Grazie a un sogno,
Cartesio trovò la base del metodo scientifico, Mendeleev la sequenza
degli elementi della tavola periodica. Come loro, molte persone hanno
trovato soluzioni a problemi difficili proprio nei sogni; se impariamo a
prestare la giusta attenzione, può succedere anche a noi».