Corriere 9.1.16
Con Corbyn il laburismo è rimasto senza bussola
di Fabio Cavalera
Va
dato merito ai laburisti britannici di avere stabilito un record: mai,
nella storia del partito, un regolamento di conti interno, fra sinistra e
centristi, era durato così tanto. Trentaquattro ore e 13 minuti di
discussioni, ripensamenti, trappole. Il tutto per partorire un mini
rimpasto nel gruppo dirigente e nel governo ombra. Copione degno delle
migliori telenovele. Ma al di là degli aspetti più folkloristici (in
parte inediti per la politica londinese) conta la sostanza. Jeremy
Corbyn ha tentato di azzoppare la sua opposizione che, debole fra la
base, è maggioritaria nel gruppo parlamentare. È un fronte composito di
moderati e vecchi simpatizzanti di Tony Blair uniti dall’obiettivo di
compiere in fretta il golpe contro il nuovo leader. Il quale, a sua
volta da quando è stato incoronato, intende modellare il partito
sull’esempio spagnolo di Podemos, pensionando la svolta blairiana. Se
l’obiettivo (di Corbyn) era quello di licenziare l’astro nascente Hilary
Benn, ministro degli Esteri che ha detto sì all’intervento in Siria
chiesto da Cameron, e Maria Eagle, ministra ombra della Difesa
favorevole all’armamento nucleare, il leader ha subito una mezza
sconfitta. Il primo è sempre al suo posto. La seconda è stata spostata
alla Cultura. I nomi contano ma fino a un certo punto. La posta in gioco
è la linea di politica estera e della difesa. Corbyn viene dal
movimento pacifista, dipendesse da lui il Regno Unito uscirebbe subito
dalla Nato e i missili Trident sarebbero congelati. I suoi sostenitori
vanno oltre: in concomitanza con la bomba all’idrogeno del dittatore
nordcoreano, sognano il disarmo occidentale unilaterale. Gli oppositori
hanno tutte altre idee e votano per bombardare l’Isis. Due partiti
laburisti che fingono di stare assieme ma sono sempre più distanti.
Convivono per necessità, in attesa di darsi scacco matto. Una via di
mezzo, all’orizzonte, non c’è. Il laburismo è senza bussola.