sabato 30 gennaio 2016

Corriere 30.1.16
Dario Fo
«Svelo la verità sugli indiani sterminati»
« A teatro racconto la storia dei Seminole, un popolo che nessuno è riuscito a sconfiggere»
di Giuseppina Manin

Superfluo chiedergli da che parte stia. «Fin da ragazzo sempre con gli indiani» assicura Dario Fo, gran capo bianco della tribù dei fan dei pellerossa, appassionato ricercatore di miti dei nativi americani. «Conoscendo la loro vera storia, confesso che odio i western. Quelli di Hollywood soprattutto. Film falsari, dove gli indiani sono sempre i cattivi selvaggi sterminatori dei buoni pionieri. Che poi però vincono sempre».
Ma neanche questo è vero. «C’è stato un popolo, i Seminole, che nessuno è mai riuscito a sconfiggere. E non perché fossero i guerrieri più coraggiosi, i più abili a maneggiare archi e fucili. La loro forza era aver stabilito un patto di rispetto con la natura, l’essere stati una società pacifica e matriarcale, aperta all’accoglienza. Anche sessuale. L’amore tra una donna della loro tribù e chi arrivava da terre lontane era benvisto, portatore di figli sani e vigorosi».
E allora, per rendere giustizia a questo popolo saggio, portatore sano di valori spesso superiori a quelli dei cosiddetti «civilizzati», Fo prima scrive un libro ( Storia proibita dell’America , Guanda) e ora lo adatta drammaturgicamente alla scena. Domani sera è in scena al Teatro Duse di Bologna, stesso titolo, stesse vicende, stavolta corredate da alcuni disegni di Dario e raccontate con tagliente ironia.
Che promette di ribaltare stereotipi, di far emergere scomode verità. «Oltre 50 milioni sono stati gli indiani sterminati in nome di un’assurda conquista, uno dei massacri più grandi e rimossi della storia dell’umanità» denuncia il Nobel.
E in più con l’aggravante dello sfregio. «La cattiva letteratura e il cattivo cinema hanno fomentato l’idea che quelle stragi fossero “legittime”, che i bianchi stessero dalla parte del giusto. Solo pochi registi hanno avuto l’onestà di ribaltare quell’immagine scorretta e fraudolenta. Mi piace ricordare tre titoli che hanno contribuito alla riabilitazione dei nativi americani: Soldato blu di Ralph Nelson , Il piccolo, grande uomo di Arthur Penn , Balla coi lupi di Kevin Costner. Film dove finalmente gli eroi sono loro, i pellerossa».
L’epopea dei Seminole secondo Fo ne svelerà altri. Personaggi leggendari come John Horse: «Un black Seminole, una sorta di Arlecchino nero, bravissimo a truffare i bianchi e a conquistare alla causa del suo popolo gli schiavi delle piantagioni».
Come Mae Tiger, «Una meticcia, eletta nel 1966 primo presidente donna dei Seminole». O ancora James Billie, «Veterano Seminole della guerra del Vietnam, che al ritorno dovrà affrontare il nemico più insidioso, la droga, che minaccia di annientare anche la sua gente».
Una storia di resistenza umana e comunitaria, una civiltà utopica che non si mai arresa. «E forse per questo è stata “dimenticata” dalla storia ufficiale, quella dei vincitori. Accettare che una tribù “primitiva” fosse riuscita a tener testa a ogni invasore, era intollerabile. Tant’è che qualche storico in malafede ha sostenuto che alla fine quei nativi dovettero cedere, furono rinchiusi in una riserva e si estinsero. Sciocche menzogne, visto che i Seminole esistono ancora, abitano la Florida come secoli fa, e sono l’unico stato autonomo degli Usa».
Non solo, sono pure diventati ricchi. «Ricchi come gli americani ricchi. I Seminole hanno fatto bingo. E in senso letterale del termine, visto che gran parte delle sale da gioco della Florida sono attualmente gestite da loro. Una metamorfosi discutibile, che certo ha fatto sbiadire buona parte della loro identità originaria, ma anche una rivincita verso quei bianchi che così a lungo li avevano sfruttati».